Metti mi piace

1 feb 2010

La politica a misura di social network «Sono come la radio negli anni Sessanta»


PROPAGANDA E COINVOLGIMENTO DEGLI ELETTORI: DALLO SCHERMO TV AL TELEFONINO
Steven Geer e Josh Ross, i «guru» della comunicazione di Obama e Hillary: il futuro adesso è nei servizi mobile



ROMA — Per quanto emblematico, sarà pure un caso che l’iPad, il nuovo piccolo computer multifunzionale, sia stato presentato al pubblico dai suoi produttori, la settimana scorsa, alla vigilia del discorso di Barack Obama sullo Stato dell’Unione. Ma caso non è che il presidente degli Stati Uniti, quarantottenne, abbia deciso di ricorrere a YouTube per rispondere ad alcune delle domande su quel suo intervento davanti al Congresso che la Casa Bianca ha chiesto agli americani di porre (ieri sera di domande ne erano state raccolte oltre 11mila, le risposte di Obama si potranno vedere e ascoltare dalle 19.45 italiane su YouTube o sul sito della Casa Bianca.

Internet e ciò che ruota intorno alla rete sono diventati pane quotidiano per la politica statunitense, e dato che anche negli Usa, come da noi per le regionali, il 2010 è un anno elettorale (in novembre si rinnovano Camera dei rappresentanti, un terzo del Senato e 36 governatori), può essere utile aver presente quali criteri di azione hanno seguito due tecnici diventati quasi dei veterani delle battaglie politiche sul web. Steven Geer, 35 anni, base a Washington, è stato per Obama il coordinatore della raccolta di fondi on-line, oltre 500 milioni di dollari. Josh Ross, 37, che abita a Palo Alto, ha diretto la strategia internautica del candidato democratico John Kerry nelle presidenziali del 2004 e ha lavorato per Hillary Clinton nelle primarie di due anni fa. Per questa intervista a due voci, il Corriere li ha incontrati a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore americano David Thorne.

Da uno a dieci, quanto ha contato Internet nella vittoria di Obama nelle elezioni per la Casa Bianca?
Geer: «L’elemento importante per la vittoria è stato Obama. L’uso di Internet, da solo, non è stato nulla rispetto a Obama. Strategia politica, tv, volontari sono fattori che devono marciare insieme. E sono inseparabili per il successo di un candidato».
Ross: «E’ così. C’è un grosso mito su Internet e la campagna elettorale. Ma l’audience che si raggiunge in rete è per lo più quella dei sostenitori. La novità è che il web ha permesso un dialogo diretto con questi, e Obama è stato bravo nel dialogare».

Però quando il candidato repubblicano John McCain ha confessato di avere poca confidenza con le e-mail questo ha evidenziato un gap generazionale tra il reduce del Vietnam, pur dotato di un suo fascino, e l’elettorato giovane.
Geer: «Sì. Tuttavia hanno contato anche altri fattori. La competizione delle primarie ha migliorato molto la qualità del nostro lavoro. Con votazioni in ogni Stato, ci hanno costretto a un esame a settimana».

Lei, Geer, per le primarie quale compito aveva?
Geer: «Ho cominciato a lavorare per Obama nel marzo 2007. Avevo due ruoli: coordinavo i messaggi via e-mail e la raccolta di fondi on-line».

E lei, Ross, che ha rifatto il sito e la strategia internautica di Hillary Clinton, quale aspetto metterebbe in evidenza di quella stagione di esami?
Ross: «Prima che fosse infilata nell’urna la prima scheda delle primarie abbiamo lavorato un anno, poi ci sono stati sei mesi di votazioni. Altri quattro mesi, dopo, per la campagna delle di presidenziali. Un percorso di due anni».
Geer: «Aggiungerei: è stata una maratona, non una corsa in velocità. Stati che sembravano poco importanti si sono rivelati decisivi. Se non ci fosse stata la competizione con Hillary Clinton, che ha permesso di attrarre l’attenzione del Paese per sei mesi, non è detto che Obama avrebbe vinto su John McCain».

A quali criteri vi attenevate nel preparare le e-mail per convincere gli elettori a votare il vostro candidato?
Geer: «Su Internet l’autenticità è molto importante. Devi essere chi davvero sei, e devi spiegare perché cerchi di essere eletto».

Che cosa comporta?
Geer: «Se occorre scrivere un articolo per un giornale o preparare un discorso in tv, nelle campagne elettorali esiste una struttura formale per farlo. On-line, via e-mail o con i video, a dare benefici è l’informalità, l’essere molto casual e molto umani».
Ross: «Nello scrivere e-mail, un candidato non è una persona che ha davanti tante persone intente ad ascoltarlo. Deve rivolgersi alla gente in una maniera che risulti familiare, come risultano loro quando usano quel mezzo per rivolgersi con la posta elettronica a un’altra persona. Nessuno di noi ama ricevere e-mail scritte tutte allo stesso modo, neppure da parte di amici. Bisogna avere la maestria di scrivere le lettere in maniera personale».

C’è chi ci è riuscito meglio e chi peggio.
Geer: «Obama su Mc Cain ha avuto due vantaggi: aver affrontato la competizione con Hillary Clinton ed essere autentico sulla rete».

In Italia, e non solo, tanti dirigenti politici si compiacciono di aver aperto un proprio sito e si sentono appagati dicendosi: “Sono su Internet”. Qual è il principale errore per la comunicazione in rete? Che cosa secondo voi non va fatto?
Geer: «L’errore principale è credere che per parlare con i potenziali elettori sia sufficiente essere sul web. Occorre investire personale e talenti per costruire una buona presentazione di sé, come lo si fa per organizzare un comizio o confezionare un messaggio per la tv. Nel novembre 2008, a lavorare per Obama sui new media erano 185 persone. Parlo delle persone pagate. Poi c’erano centinaia di volontari».
Ross: «Uno dei principali errori è non assegnare al web la stessa attenzione che si impiega nel preparare un comizio o un messaggio in tv oppure a parlare con un giornalista. Negli Usa la gente che naviga su Internet è molto più di quella che guarda la Tv. Sono in molti di più a vedere un filmato su YouTube rispetto a quanti guardano un servizio sulla Cnn».

Qualcuno, forse frettolosamente, sospetta che Internet possa uccidere i giornali. Voi ritenete che possa uccidere anche la televisione?
Geer: «Non è vero che Internet uccide i giornali americani. Per il loro declino ci sono molte altre ragioni».
Ross: «Bisogna vedere come Internet e tv convergono, più che uccidersi. Un discorso importante che Obama fece sulla questione razziale venne pronunciato in uno studio tv, poi andò sulla rete e fu trasmesso e ritrasmesso su YouTube. Lei dove metterebbe la linea di confine tra tv e rete?».

Dica lei.
«E’ una linea sempre più indistinta. Se diamo uno sguardo ad ampio spettro, notiamo che il consumo di informazione sta cambiando, ma non diminuendo».
Geer: «Il New York Times è letto da molte più persone oggi che non dieci anni fa».

Con il sito Internet.
Ross: «La gente ascolta più musica, anche se non ne compra più di prima. Per certi versi è un bene, per altri un male. La gente consuma piccoli morsi di informazione. Certo, questo non sempre è un bene».

Durante le primarie voi due lavoravate per squadre allora rivali, Clinton e Obama. Vi conoscevate?
Ross: «No. Ognuno dei due però sapeva chi era l’altro».
Geer: «Già».

In quei due anni di campagne elettorali siete cambiati?
Geer: «Ho imparato più in quei due anni che nel resto della mia vita».
Ross: «Quando lavoravo per Kerry, non esistevano Facebook, YouTube e Twitter. E nel 2008, in fondo, Twitter e Facebook non hanno contato troppo. Però conteranno nelle presidenziali del 2012. E’ questa l’area che attira il nostro interesse e che sta cambiando il rapporto tra la gente, la rete e la sue principali fonti di informazione».

Come lo sta cambiando?
Ross: «Nel corso degli anni i messaggi in tv saranno pure cambiati, tuttavia l’essenza è rimasta la stessa delle origini. Internet si è trasformata di più, è fondamentalmente diversa rispetto al 2004. Noi ci aspettiamo che questo cambiamento prosegua».

Second life e MySpace erano stati decritti come fenomeni travolgenti, come canali di comunicazione destinati ad attrarre sempre più persone. Adesso sono stati messi in ombra da Facebook. A vostro giudizio, Twitter sopravviverà?
Geer: «Twitter negli Usa ha un successo enorme, e non si tornerà indietro. Second life non ne ha mai avuto moto. MySpace ebbe buoni risultati per un periodo, che però durò poco».
Ross: «Non significa che nel futuro qualcosa come Second life non possa rinascere».

C’è chi ha parlato di una possibile morte delle e-mail, superate dagli sms sui telefonini, da Twitter e, in generale, dai dialoghi attraverso le social community.
Geer: «E perché? La gente che spende tempo sulla rete lo fa soprattutto per le e-mail».
Ross: «Negli Usa la gente è tenuta a impiegare la posta elettronica per lavoro, poi la usa anche per motivi privati. Ci vorrà tempo prima che venga rimpiazzata da altro».

Che problema pone Twitter a chi si occupa di comunicazione politica?
Ross: «Più gente lo usa, più i messaggi rimangono davanti a te per un arco breve di tempo, dopodiché decadono. Prima, se uno mi mandava qualcosa su Twitter, dopo due ore lo trovavo. Adesso non più. Il problema non è soltanto dire una cosa in 140 caratteri. E’ anche la tempistica».
Geer: «E-mail, Twitter e Facebook non se ne andranno via presto».

Se doveste immaginare nuovi canali di propaganda, per il vostro lavoro, a che cosa pensereste?
Ross: «Negli Usa non abbiamo ancora sfruttato molto bene gli strumenti portatili, ma sono molto diffusi».
Geer: «Adesso, nella raccolta di fondi per Haiti le donazioni via sms da cellulare stanno incontrando un successo enorme. Teniamolo presente».

Una volta tanto l’Italia è più avanti degli Stati Uniti, da noi le collette attraverso i “messaggini” non sono una novità.
Geer: «Da noi lo sono, ma adesso, con costi bassi, avranno un ruolo anche in altre raccolte di fondi». Ross: «L’sms per le sottoscrizioni ha un grande vantaggio. Quando chiediamo una donazione via e-mail, bisogna compilare un modulo. Con il sms invece si raggiunge il destinatario nel momento voluto, dovunque sia».
Geer: «Pensi se un cittadino sta guardando Obama, dalla tv di un bar, mentre il presidente pronuncia un discorso. Se gli si chiede una donazione, per farla non quel cittadino deve aspettare di tornare a casa e ricordarsene. Basta che mandi un sms».

Voi avete lavorato per i democratici. Non temete che i repubblicani facciano tesoro di quanto avete realizzato, insomma che ormai la campagna per le presidenziali sia già superata?
Geer: «Abbiamo già visto nelle elezioni per il senatore del Massachussetts che Scott Brown, il vincitore, ha raccolto molti fondi on-line».
Ross: «Ma la sua vittoria è stato un riflesso del fatto che aveva un sostegno ampio nell’elettorato. In più, la gente non si appassiona per chi è al potere, ma per chi può cambiare».

Dunque lo stare all’opposizione è un vantaggio per i repubblicani?
Ross: «Non sono al potere».
Geer: «Ci sono alcune specificità dei mezzi. Negli Usa ci sono molte radio repubblicane e tanti commentatori conservatori in tv. Catturano l’attenzione di chi prova rabbia, e questo riesce di più sulla radio, un mezzo sul quale i democratici non hanno mai avuto grande successo. A causa della sua natura orizzontale, democratica, appunto, senza maiuscola, la rete funziona meglio per i democratici».

Quale consiglio dareste a un giovane che desidera fare il vostro lavoro?
Ross: «Studia le lezioni del passato, considerando che la tecnologia cambia spesso e che il tuo vantaggio consiste nel non avere pregiudizi».

In altri termini, impara a fare surf sulle onde dei cambiamenti?
Ross: «Negli anni ’60 la televisione era dominata da giovani che avevano combattuto contro la generazione più anziana. Noi abbiamo combattuto le stesse battaglie dei pionieri della tv. Se non innovi, muori».
Geer: “A un giovane direi: impara più che puoi su come la gente acquisisce informazioni sulla rete e su come funziona la politica. Poi, collega le due cose».

I vostri maestri, quindi, sono gli artefici dei programmi televisivi degli anni ’60?
Geer: «Non solo. Thorne, durante la campagna elettorale di Kerry, ha giocato un ruolo molto importante nello sviluppo dell’invio di messaggi via Internet. Non era scontato per tutti che fosse necessario utilizzarli».
Ross: «Molti non sanno quello che si deve a Thorne. Non sempre si percepisce quanto conta chi ha una visione e si assume dei rischi».
Geer: «Se Thorne non avesse fatto ciò che ha fatto per le campagne via web, io non avrei intrapreso questa carriera».

Geer, Ross, vi trovate bene in Italia?
Geer: «Sì». Ross: «Certo».

Da noi è sempre campagna elettorale e il consulente americano è un desiderio perenne dei politici italiani. Mi sa tanto che finirà così: qualcuno vi ingaggerà per una campagna elettorale.
Il commento di Geer e Ross, avversari diventati alleati, consiste in divertite risate. Non respingono l’idea. In politica mai dire mai.

Nessun commento: