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11 apr 2009

Quando l’imprenditorialità incontra finanza e politica


Carlo de Benedetti

Quello che si sa con assoluta certezza è che fin dalle origini di quella carriera che lo avrebbe portato a diventare uno dei condottieri italiani con Raul Gardini e Silvio Berlusconi e a contendere a Gianni Agnelli il primato del capitalismo nostrano, De benedetti, ha sempre usato una ricetta fatta di tre ingredienti:un grande coraggio imprenditoriale, definito dai suoi nemici al limite della temerarietà; una capacità fino allora mai vista di usare gli strumenti messi a disposizione dalla finanza; il ricorso all’arma della politica, nel senso più vasto del termine. Tre ingredienti cucinati con il fuoco lento di una tenacia e di una capacità di lavoro senza molti paragoni.


Vediamo un pò la sua vita, come ci riporta wiki:

Nato in una famiglia benestante, fratello del Senatore Franco De Benedetti, si laureò in ingegneria elettrotecnica nel 1958 al Politecnico di Torino per poi entrare nella "Compagnia Italiana Tubi Metallici" del padre. Assieme al fratello Franco, acquisì nel 1972 la Gilardini, una società quotata in Borsa che fino ad allora si era occupata di affari immobiliari e che i due fratelli trasformeranno in una holding di successo, impiegata soprattutto nell'industria metalmeccanica. Carlo De Benedetti nella Gilardini ricoprirà le cariche di presidente ed amministratore delegato fino al 1976. Nel 1974 fu nominato presidente dell'Unione Industriali di Torino.

L'esperienza FIAT

Nel 1976, grazie all'appoggio di Umberto Agnelli, suo vecchio compagno di scuola, ottenne la carica di amministratore delegato della FIAT. Come "dote" portò con sé il 60% del capitale della Gilardini, che cedette alla società degli Agnelli, in cambio di una quota azionaria della stessa FIAT (il 5%). De Benedetti cercò di svecchiare la dirigenza della società torinese, nominando manager a lui fedeli (a cominciare dal fratello Franco) alla guida di importanti unità operative del Gruppo. Dopo un breve periodo (quattro mesi) - a causa, si disse, di "divergenze strategiche" - abbandonò però la carica in FIAT. Per alcuni, ma il condizionale è più che d'obbligo, i due fratelli avrebbero trovato un ostacolo insormontabile nella parte di dirigenza FIAT più legata alla famiglia Agnelli, che avrebbe scoperto un loro tentativo di scalata della società, appoggiata da gruppi finanziari elvetici.
L'ingresso nella stampa
Con il denaro ottenuto dalla cessione delle sue azioni FIAT, De Benedetti rilevò le "Compagnie industriali riunite" (CIR), garantendo loro il controllo azionario del quotidiano la Repubblica e del settimanale L'espresso. Successivamente vedrà la luce anche "Sogefi", operante sulla scena mondiale nei componenti autoveicolistici di cui egli è stato presidente per venticinque anni consecutivi, prima di cedere il posto al figlio Rodolfo, conservando però la carica di presidente onorario.

Nel 1978 entrò in Olivetti, di cui divenne presidente. In questa azienda, dal nome glorioso, ma molto indebitata e dal futuro incerto, porrà le basi per un nuovo periodo di sviluppo, basato sulla produzione di personal computer e sull'ampliamento ulteriore dei prodotti, che vide aggiungersi stampanti, telefax, fotocopiatrici e registratori di cassa. Nel 1984 la Olivetti inglobò l'inglese Acorn Computers.
Il Banco Ambrosiano

All'inizio degli anni ottanta entrò nell'azionariato del Banco Ambrosiano guidato allora dall'enigmatico presidente Roberto Calvi. Con l'acquisto del 2% del capitale, De Benedetti ricevette la carica di vicepresidente del Banco, funzione puramente onoraria ed a cui non era collegata alcuna attività di gestione effettiva (nella sede milanese dell'Ambrosiano, in Via Clerici, non gli era stato assegnato neppure un ufficio). Dopo appena due mesi, De Benedetti lasciò il Banco, cedendo la sua quota azionaria.

A causa di una grave crisi della Olivetti, nel 1996 decide di lasciare l'azienda, (di cui rimarrà presidente onorario fino al 1999) poco dopo aver fondato la Omnitel. Dopo aver sponsorizzato la "Fondazione Rodolfo Debenedetti" (che si occupa dello studio delle problematiche connesse alla riforma dello Stato sociale) egli ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti: è stato nominato Cavaliere del Lavoro ed Ufficiale della Légion d'Honneur, ed ha inoltre ricevuto la laurea ad honorem in Legge della Wesleyan University, Middleton, Connecticut (Stati Uniti d'America).

La politica
Imprenditore noto per le sue idee legate al centrosinistra italiano (così come il fratello Franco), nel 2005 ha sorpreso l'iniziale accoglimento, per un fondo finanziario comune destinato al recupero delle imprese in difficoltà, di un consistente contributo versato da Silvio Berlusconi, suo avversario di lunga data nella vicenda SME e nel Lodo Mondadori. A causa delle reazioni e delle insinuazioni susseguite, rinuncia alla partecipazione dell'imprenditore milanese.

Nel 2005 fonda la società di investimenti Management&Capitali (M&C) tramite la controllata Cdb Web Tech Spa. Inizialmente il capitale di M&C era detenuto al 90% da questa società e il 10% dal management, successivamente, con un aumento di capitale, entrarono nell'azionariato anche Schroders Investment Management, Cerberus Capital Management LP, e Goldman Sachs.[1] Nel 2008 l'assetto azionario è cambiato nuovamente con l'uscita di alcuni soci iniziali e l'entrata, come secondo azionista, di SeconTip, società del gruppo TIP SpA, facente capo al banchiere Giovanni Tamburi e ad alcune importanti famiglie imprenditoriali, tra cui i Manuli di Bergamo, i Ferrero, i Radici e i Giubergia di Torino, i Seragnoli di Bologna, i Marzotto di Valdagno, gli Angelini e i Silori di Roma, i Baggi Sisini, i Branca, i Rossetti e i Burani di Milano.

Dal 2006 è tornato a guidare in prima persona le sue attività editoriali, subentrando a Carlo Caracciolo nel ruolo di presidente del Gruppo editoriale L'Espresso S.p.A.

De benedetti che ora è cittadino svizzero, ama definirsi un cosmopolita, un uomo della globalizzazione. Lo sarà anche. Certo è che quelle tre componenti che sono state alla base della sua fortuna sono tipiche della cucina italiana.

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