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18 ott 2009

Islanda, tra freddo e internet "Da noi i server del mondo"


I giganti di internet spendono milioni per raffreddare i computer che contengono i loro dati. A Reykjavik propongono di sfruttare il clima gelido per risparmiare e salvare l'ambiente. Ma restano interrogativi.



Islanda, tra freddo e internet "Da noi i server del mondo"
L'HANNO chiamata "cold rush", la corsa verso il freddo, a imitazione della "gold rush", la corsa all'oro del diciannovesimo secolo. Quella trasformò il villaggio di San Francisco, in California, nella città destinata a diventare il cuore della Silicon Valley. Questa vuole spostare una fetta sostanziale degli affari che girano intorno a internet e le nuove tecnologie verso lande duramente colpite dalla crisi finanziaria. Dopo aver sperimentato il più disastroso collasso bancario mai subito da una singola nazione, l'Islanda tenta di risollevarsi offrendo ai colossi di internet una risorsa della quale è ricchissima: il suo clima gelido.

Chiunque abbia tenuto un computer portatile sulle gambe conosce quali temperature possano raggiungere i circuiti che fanno funzionare i nostri pc e quanto debbano lavorare le ventole di raffreddamento per evitare che questi fondano. Moltiplicate questo dato di esperienza per qualche milione di unità e avrete un'idea dei costi sostenuti dalle grandi internet company per tenere sotto controllo la temperatura dei server nei loro grandi data center. Secondo gli esperti, anche le aziende che adottano i piani energetici più efficienti pagano un aggravio variabile tra il 40 e il 60 per cento sulla bolletta a causa degli impianti di condizionamento necessari per raffreddare le loro apparecchiature.

In Islanda, l'aria e l'acqua sono fredde tutto l'anno, e tenere in funzione un server da quelle parti costa una frazione rispetto alla California o all'Europa. Senza contare il guadagno dal punto di vista dell'impatto ambientale: secondo la società di ricerche Idc, l'industria informatica è responsabile per il 2 per cento delle emissioni globali di CO2, un livello paragonabile a quello del trasporto aereo e destinato ad aumentare rapidamente visto il tasso di sviluppo del settore. Considerando che, grazie al geotermico, praticamente il 100 per cento dell'elettricità islandese è rinnovabile, il beneficio per il clima è evidente.

Questi sono i vantaggi. D'altra parte, spostare milioni di dati preziosissimi a migliaia di chilometri di distanza non è un'operazione che si possa fare in una notte e senza considerare attentamente tutte le variabili in gioco. Ad esempio, l'Islanda si è dotata di collegamenti in fibra ottica con l'Europa e il Nordamerica, e ora un pacchetto di dati ci mette 17 millisecondi a viaggiare tra l'isola e la vicina Gran Bretagna. Per un comune utente internet si tratta di un ritardo impercettibile, ma per certe aziende, e per determinati tipi di dati, potrebbe essere troppo. Inoltre, qualcuno sottolinea il rischio di portare server intorno ai quali ruotano business milionari in un paese costellato di vulcani attivi e che solo un anno fa ha subito un terremoto del sesto grado della scala Richter.

Alle porte di Reykjavik sta sorgendo, ad opera della Verne Global, il primo data center che entro un anno, se le previsioni verranno rispettate, sarà pronto a ospitare i primi server. Se il progetto avrà successo, sono già state individuate le aree per costruirne altri. L'Islanda spera che, entro cinque o dieci anni, il freddo e l'informatica si combinino fino a diventare l'industria trainante del paese.

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