Plurilaureata, dopo la visita alla Scala di Milano ha fondato una Philarmonica.
Sette figli e gli affari: è il volto del potere
La moglie preferita dello sceicco del Qatar. Dall’arte
alla musica, così modernizza Doha
MILANO — Prossima conquista: la Porsche, di cui il fondo sovrano Qatar Investment Authority (forte di una dotazione pari a 62 miliardi di dollari) andrà a rilevare fra il 20 e il 25% del capitale, ampliando un portafoglio di partecipazioni internazionali che già comprende il 5,8% della banca inglese Barclays, l’8,16% del Crédit Suisse, il 15,37% della Borsa di Londra, il 6% del gruppo francese Lagardere.
Passa sempre più attraverso i gioielli dell’industria e delle finanza europee la strategia d’integrazione del piccolo paese del Golfo nel mondo globalizzato avviata quasi quindici anni fa dallo sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, con la forte influenza della sua seconda moglie, la favorita, Sheikha Mozah bint Nasser Al Missned. Ma quello del Qatar non è un progetto limitato all’economia e alla finanza. Proprio la «sceicca» Mozah appare infatti come la grande ispiratrice di quei cambiamenti sociali e culturali che hanno cominciato a manifestarsi a partire dal 1995, quando lo sceicco Hamad ha preso il potere deponendo il padre mentre era in vacanza in Svizzera, e che stanno trasformando il piccolo emirato in un «laboratorio» senza confronti in tutta l’area, lontano sia dall’esperienza «conservatrice» saudita sia dalle tentazioni «occidentaliste» di Dubai e Abu Dhabi. È lei che ha voluto a tutti i costi l’apertura di Al Jazeera, la più liberal delle emittenti mediorientali. È lei che guida Education City, il polo di studi universitari e di centri di ricerche dove tengono corsi prestigiosi atenei internazionali come le americane Mellon Carnegie e Cornell. Ed è lei l’anima di quella Qatar Foundation che in pochi anni è diventata un magnete in grado di attirare progetti e iniziative da tutto il mondo nel campo della cultura, delle arti, dell’architettura.
Così, sorretto dagli introiti assicurati dai maggiori giacimenti di gas del pianeta, il Qatar mostra oggi i segni di un inedito equilibrio: è una monarchia assoluta poco indulgente verso il dissenso, con tutto il potere nelle mani di una famiglia che si è fatta Stato, con la legge coranica che regola la sfera privata, dove però il milione e mezzo di sudditi gode del più alto reddito pro capite al mondo (circa 85 mila dollari l’anno, testa a testa con il Lussemburgo). I ricchi qatari non rinunciano a piantare la tradizionale tenda beduina nel giardino della villa, ma in tv seguono le news di Al Jazeera, viaggiano su potenti Suv europei, affollano sale cinematografiche dove proiettano film di Hollywood come del festival di Cannes o del Sundance Festival di Robert Redford, che proprio nella capitale Doha ha ormai una sede fissa. «Cosa intende per democrazia? — si è chiesta la «sceicca» Mozah intervistata di recente da un inviato della Bbc —. Se lei pensa solo ai modelli applicati in Occidente, io rispondo di no. Se lei pensa invece a un processo di modernizzazione, allora dico di sì».
Sposata con lo sceicco Hamad nel 1977 quand’era solo 18enne, plurilaureata, madre di sette figli (fra cui l’erede della dinastia), la principessa Mozah s’è ormai ritagliata un ruolo da protagonista sul palcoscenico mondiale. Il mese scorso a Parigi, durante la cerimonia in cui è stata accolta come membro permanente dell’Académie des Beaux Arts, ha fatto scalpore il suo intervento in cui citava l’esempio dell’artista arabo Zinyad, simbolo «del dialogo fra le diverse civiltà», che seppe diffondere nella Cordoba capitale occidentale dell’Islam «una sintesi di culture araba, persiana, indiana e greca» che ha prodotto «una straordinaria fioritura di attività artistiche». Due anni fa, invece, a Milano per la prima della Scala, ha gettato le basi per realizzare il suo sogno di appassionata d’opera: l’istituzione della Qatar Philarmonic Orchestra. L’ha realizzata appena tornata in patria. «Sua Altezza desidera solo artisti arabi?», ricorda ancora di averle chiesto Kurt Meister appena incaricato di trovare i musicisti. Ma ricorda soprattutto la risposta: «Non mi interessa la provenienza, scelga pure i migliori del mondo».
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