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21 feb 2011

Saif Gheddafi: «Si rischia la guerra civile»


Libia in rivolta, «Gheddafi ha lasciato». Minacce alla Ue: non collaboriamo più (20 febbraio 2011)

Il discorso in tv di Saif al Islam Gheddafi (Reuters)
MILANO - La Libia rischia la guerra civile e il ritorno al potere coloniale. È il cuore del messaggio tv lanciato alla nazione nella notte da Saif al Islam, il figlio di Muammar Gheddafi, mentre del padre, al potere da quasi 42 anni, non ci sono notizie certe. Alcuni lo vogliono in fuga in Venezuela, ma il figlio ha riferito che «Muammar Gheddafi sta guidando la lotta a Tripoli e vinceremo».

BIVIO - «La Libia è a un bivio», ha detto Saif Gheddafi. «Se non arriviamo oggi a un accordo sulle riforme, non piangeremo solo 84 morti, ma migliaia e in tutta la Libia scorreranno fiumi di sangue». Sul bilancio delle vittime dopo quattro giorni di scontri i dati sono ancora incerti. Secondo fonti ospedaliere, vi sarebbero almeno 280 vittime solo a Bengasi. Il figlio di Gheddafi ha annunciato che a breve si riunirà il Congresso generale del popolo (Parlamento) per approvare un nuovo codice penale, nuove leggi e modifiche alla Costituzione che diano «prospettive di libertà» alla stampa e alla società civile.

COMPLOTTO - Nel discorso è stato fatto più volte l'accenno a non meglio precisate «forze straniere» e «sepatatisti» che hanno messo in atto un «complotto» contro la Libia». Il figlio del rais ha indicato i nemici: islamisti, organi d'informazione, teppisti, ubriachi, drogati e stranieri, compresi egiziani e tunisini. «Verranno le flotte americane e europee e vi occuperanno», ha avvisato. Ha minacciato quindi di «sradicare le sacche di sedizione. Ci deve essere una posizione ferma, il nostro non è l'esercito tunisino o egiziano. Le forze armate sono con il nostro leader Gheddafi. Decine di migliaia si stanno dirigendo a Tripoli per essere con lui. Combatteremo fino all'ultimo uomo, all'ultima donna, all'ultimo proiettile».

NUOVI SCONTRI - Un «manifestante di Bengasi» in collegamento telefonico con la Cnn prima che le comunicazioni con l'emittente americana fossero interrotte, ha detto che subito dopo il discorso del figlio di Gheddafi nella zona di Bengasi sono cominciati nuovi scontri e si sono uditi numerosi spari. «Il messaggio è stato chiaro, ogni libico l'ha capito: se le manifestazioni non si fermeranno, in Libia sarà la guerra civile. Abbiamo sentito il solito messaggio che il regime va ripetendo da anni: promesse e minacce. Ma la gente questa volta ha capito: ha trovato il coraggio di scendere in strada e le solite minacce non basteranno a fermarla». Anche a Tripoli durante il discorso televisivo si sono udite sparatorie.

DIPLOMAZIA - Il dipartimento di Stato americano ha ribadito di essere molto preoccupato per la repressione in Libia. L'ambasciatore libico in India si è dimesso per protestare contro la repressione e l'utilizzo di mercenari stranieri per sparare contro i rivoltosi, ha reso noto il servizio in arabo della Bbc. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha fatto appello a «non ricorrere all'uso della forza e a rispettare le libertà fondamentali».

ATTACCO A CANTIERE - Centinaia di persone armate nella notte hanno attaccato a Tripoli un cantiere gestito da società sudcoreane, scatenando un violento scontro in cui tre sudcoreani e uno o due bengalesi sarebbero rimasti feriti. Lo riferisce l'agenzia sudcoreana Yonhap, sulla base delle informazioni fornite dal ministero degli Esteri di Seul. Sono tre in tutto i cantieri sudcoreani attaccati in una settimana.

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