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12 nov 2009

Il ventunenne re del poker che ha sbancato Las Vegas


Primo tra novemila. Premio: 8,5 milioni di dollari
Joe Cada in finale ha battuto un boscaiolo



MILANO - La colpa è di mamma Anne che di mestiere fa la croupier a Motor City, un posto del Michi­gan dove gelo e desolazione ab­bondano in uguale misura. Non potendo lasciare il piccolo Joe a casa, finiva sempre che se lo tirava appresso al casinò an­che contro i regolamenti. Ma in fondo era solo un piccolo ca­sinò, gli impiegati come una grande famiglia e il moccioso, ipnotizzato dai colori delle car­te, rimaneva buono per ore sen­za fiatare. Una scuola fondamentale per Joe che l’altra notte a Las Ve­gas ha sbancato conquistando il titolo di campione del mon­do di Texas Hold’em, il poker che da ormai cinque anni è esploso in ogni angolo del mondo e che proprio in Neva­da, tra luglio e novembre, vive il suo appuntamento più presti­gioso.

Di cognome fa Cada, sostie­ne di avere trisavoli italiani, ma non saprebbe indicare sulla mappa il nostro Paese. Ha appe­na 21 anni, fino a pochi mesi fa nei casinò di Las Vegas lo invi­tavano a sloggiare, e ancora og­gi se ordina una birra deve mo­strare un documento d’identi­tà. Ma al tavolo finale dentro al­l’Hotel Rio di Las Vegas, dopo cinque mesi di partite, e dopo averlo visto eliminare tutti i mi­gliori al mondo, tutti sapevano chi fosse. Joe ha steso uno per uno i suoi avversari e ha messo le mani sugli 8 milioni e mezzo di dollari grazie ad una coppia di nove, nel duello decisivo con Darvin Moon, un boscaio­lo del Maryland... Cappelletto girato in testa al­la maniera dei rappers, orec­chie piuttosto a sventola, Joe ha esultato per poi ricomporsi quasi subito: «Ancora non ho realizzato. Finché non mi da­ranno l’assegno immagino che non ci crederò».

È tutto vero ed è tutto danna­tamente americano. Evoca la storia di Chris Moneymaker, il tizio del Tennessee che nel 2003 stipò l’auto di cibarie e speranze per arrivare a Las Ve­gas a conquistare il mondiale partendo da un torneo satellite da 39 dollari di iscrizione. Più o meno come Joe. Allora il mon­tepremi era di «appena» 2.5 mi­lioni di dollari. Se oggi è più di tre volte tanto, è perché nel frattempo i giocatori, ma so­prattutto i sognatori disposti a incollarsi all’asfalto per 30 ore pur di provarci, si è quintupli­cato. Quella di Joe è una storia di provincia che, nel caso specifi­co del Michigan, spunta da una cornice di disoccupazione e de­grado. Quando annunciò che avrebbe rinunciato al College, l’unico grimaldello per forzare il futuro chiuso a qualsiasi pro­spettiva, mamma Anne non re­agì come una madre qualsiasi: «Sapevo che se la sarebbe cava­ta benone anche senza un tito­lo di studi. Lo so, la scuola è im­portante e quando posso gli fac­cio seguire qualche corso, ma è troppo bravo con le carte. Ave­va appena cinque anni ma già era più sveglio di tutti quando in famiglia si giocava. E se gio­cavamo a Monopoli lui voleva fare la banca».

Fino d oggi Joe Cada aveva vinto solo poche migliaia di dollari, anche perché l’età lega­le per iscriversi ai tornei ce l’ha da neppure un anno. Ora le banche cercheranno lui. Come milioni di giovani in tutto il mondo, è su internet che Joe ha costruito la sua soli­da esperienza di lucido strate­ga iniziando a giocare col fratel­lo Jerome a 13 anni, quando in­vestì 25 dollari vincendone 100. Un’esperienza che gli ha per­messo di sbarazzarsi di mostri sacri come Phil Ivy o Phil Hell­muth, gente col pelo sullo sto­maco, capace di distrug­gerti psicologicamente prima ancora che con le carte. O di Steven Beglei­ter, ex dirigente di una del­le società di Wall Street travol­ta dalla crisi. «Ho provato e riprovato il ta­volo della finalissima migliaia di volte nella mia mente. Ero psicologicamente pronto ad ar­rivare in fondo. La cosa buona è che fino a pochi tavoli dalla fine nessuno si è curato di me. Io ero avvantaggiato perché an­che se mi annoio a farlo, li ave­vo studiati i più forti e sapevo più o meno cosa aspettarmi... Il prossimo mondiale sarà molto più difficile. Ora tutti sanno chi sono».

Anne Cada è rimasta a Mo­tor City perché il casinò le ha dato solo un giorno di permes­so: «Ho passato la notte in pie­di, gli ultimi giorni ero nervo­sa, ho seguito tutto su internet. Joe è un ragazzo molto posato. Ha giocato come se di anni ne avesse quaranta». Invece Joe Cada è da ieri il più giovane campione del mon­do da quando il torneo venne istituito. Era il 1970, fece regi­strare 52 partecipanti, molti dei quali bovari della zona. Quest’anno si è sfiorata quota 9000 iscritti. Dal prossimo an­no c’è da giurarci, la maggio­ranza saranno ragazzini.

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