Metti mi piace

7 ago 2009

Cyberguerra russo-georgiana: Twitter va giù!


L'attacco a Twitter? «Una mossa
nella cyberguerra russo-georgiana»
L'ipotesi di un'agenzia che monitora il traffico online: «Tutto è partito dal Caucaso: opera di un singolo»



MILANO - All'indomani dell'attacco che ha reso irragiungibile Twitter per tre ore (e ha "degradato" alcune funzionalità di Facebook, LiveJournal e YouTube, che però hanno retto meglio), gli esperti di sicurezza avanzano le prime ipotesi sull'accaduto.

CYBERGUERRA - Scartata la teoria che aveva preso piede nelle prime ore, secondo cui il blocco sarebbe stato causato da un gruppo di spammer. Secondo Bill Woodcock, direttore di un'agenzia indipendente che monitora il traffico online, l'attacco è partito da una regione del Caucaso, l'Abcasia, attualmente contesa tra Russia e Georgia. Il blocco di Twitter, Facebook e YouTube sarebbe quindi una conseguenza della cyberguerra che da mesi si sta consumando tra i due paesi dell'ex Urss. Già lo scorso anno, durante il conflitto armato, erano stati presi di mira diversi siti governativi georgiani.

UN SOLO BLOGGER - Ma c'è di più. Come ha spiegato un portavoce di Facebook a Cnet, all'origine dell'attacco sembra esserci la volontà di bloccare un singolo blogger, il cui account "Cyxymu" (nome di una città georgiana) si trova su tutti i servizi che ieri hanno accusato il colpo. «Si è trattato di un attacco simultaneo su più piattaforme, per fare in modo che la sua voce non venisse sentita», ha spiegato l'esponente di Facebook. E in effetti l'ultimo post disponibile sul blog di Cyxymu (risalente allo scorso martedì) sembra confermare l'ipotesi della cyberguerra. Dopo che le sue pagine erano state rese inaccessibili, aveva scritto: «Ovviamente si tratta di un attacco mirato contro me e i georgiani» (da parte dei russi, NdR).

RIVOLUZIONE? - Al di là di quale sia l'effettiva causa del blocco, resta un dato di fatto: Twitter si conferma una piattaforma estremamente vulnerabile. Sin da quando è nato, il sito risulta spesso inaccessibile perché incapace di gestire la mole di traffico (qui una lista non completa). Quanto basta perché gli esperti di sicurezza si chiedano: un servizio così fragile può davvero aiutare a fare la rivoluzione, come in tanti hanno scritto durante le ultime manifestazioni in Iran? No, risponde Evgeny Morozov di Foreign Policy: se bastano così poco per far saltare un servizio, «aspettatevi in futuro di vedere sempre più governi utilizzare la cyberguerra in alternativa alla censura: è molto più economica e soprattutto agisce su scala globale». C'è tutto il rischio, cioè, che la prossima protesta in Iran non sarà raccontata nemmeno attraverso i cinguettii di Twitter.

corriere

Nessun commento: