Chi rimane impassibile a pronunciare queste tre magiche parole? (CEO).
L'occasione di parlare di un argomento che solo a citarlo mi fa venire la pelle d'oca è un editoriale di Gianmario Verona (Vicedirettore di Economia & Management e professore associato di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università Bocconi) sul magazine "economia e management".
La figura degli amministratori delegati o in generale dei top manager è vista come le nuove star mediatiche! Si pone anche l'attenzione sul reality di Donald TRump, che ho caldamente consigliato. Vediamo alcuni passi:
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Il dato di fatto di cui tutti i CEO e tutti gli studenti, che li osservano con gli
occhi speranzosi di essere un giorno nel loro stesso ruolo a visitare la propria Alma Mater, sono consapevoli è quello di essere delle vere e proprie star. Non nel senso metaforico del termine, ma nel senso effettivo delle rockstar e dei divi di Hollywood. Dopo l’ondata che ha investito negli anni ottanta e novanta il mondo dello sport, sembra oramai a tutti evidente che il settore che i media hanno indicato come nuovo covo di celebrità è quello dell’economia e della finanza. Tutto ciò è stato ben colto da Donald Trump, che ha rinforzato e ammodernato la sua immagine di re Mida del settore delle costruzioni, grazie all’invenzione del reality show “The Apprentice”, quest’anno alla sua quinta edizione e annoverato come il programma più profittevole nella storia recente della tv (il reality ha infatti per ogni puntata come sponsor un’azienda che, dando un compito strategico legato, per esempio, al lancio di un prodotto o alla creazione di una campagna pubblicitaria, ottiene una singolare pubblicità per la propria immagine e per quella dei propri brand ed è disposta a spendere parecchi quattrini, grazie anche all’imprevedibile audience televisiva). Ben tre cable tv negli USA offrono settimanalmente trasmissioni con approfondimenti e interviste dedicate ai CEO e non è un caso che uno degli incontri cui ho assistito, che ospitava il CEO di General Electric, Jeffrey Immelt, che è riuscito nella missione impossibile di far scordare agli azionisti dell’azienda da lui governata l’indimenticabile Jack Welch, è stato registrato per la trasmissione televisiva “CEO Exchange” del network PBS, presentato da un’icona del giornalismo americano, Jeff Greenfield.
Questa ondata di attenzione, come si può ben immaginare, porta a prestare una maniacale cura alla propria immagine e reputation, e al principale vettore che le alimenta: la comunicazione. I discorsi rivolti al pubblico sembrano minuziosamente preparati e ciò non sorprende. Ma anche la comunicazione interna all’azienda, l’elemento che insiste più di altri sull’identità organizzativa e sulla chiarezza degli obiettivi da perseguire, è apparentemente gestita con particolare attenzione.
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Se, come è ben noto, agli onori si accostano spesso oneri, il ruolo di star sembra
realizzarsi in un ciclo di vita incredibilmente breve. In positivo (ovvero nel caso di CEO che lasciano l’azienda per nuovi approdi) o in negativo (quando, cioè, viene meno la fiducia concessa dal consiglio di amministrazione), la corporate tenure nell’ambito della medesima azienda è infatti di poco inferiore ai quattro anni. C’è da chiedersi come può un CEO, nel giro di un orizzonte temporale così breve, portare risultati significativi in tema, per esempio, di innovazione.
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Una conseguenza della preponderante tendenza all’innovazione incrementale e al consolidamento è legata alle scelte effettive in tema di contenuti strategici. Da questo punto di vista, la novità nell’ambito delle strategie di mercato riguarda il cosiddetto one-stop-shopping. Se gli anni ottanta sono stati archiviati come gli anni della crescita e della diversificazione conglomerale, e i novanta sono oggi ricordati come gli anni dello sviluppo interno a partire dalle core competence, la supremazia del cliente e la strategia di one-stop-shopping sembrano la scelta che taglia trasversalmente le aziende governate da questa generazione di CEO.
Il messaggio è chiaro e semplice: focalizzarsi su un mercato e cercare di ampliare la gamma di prodotti e servizi per offrire al cliente il massimo della soddisfazione tramite un unico fornitore di riferimento. L’innovazione viene cioè ricercata sempre a partire dalle proprie competenze distintive, ma viene finalizzata all’ampliamento
della gamma di offerta rispetto alla soddisfazione complessiva del segmento di mercato servito.
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In conclusione, la nuova competizione del mondo globale, volta a richiedere innovazione, ma congiuntamente certezza nei risultati di breve, sembra rendere la vita altamente complessa per la nuova generazione di CEO, che sono peraltro in modo continuativo sotto la luce dei riflettori mediatici e sotto la lente di osservazione di Wall Street. A questo fine, una buona dose di leadership non deve certamente mancare a chi si trova in questo momento storico sul ponte di comando delle grandi multinazionali.
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Fantastico!
da leggere integralmente!
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