E' bene far chiarezza su un termine apparentemente oscuro ma che nasconde una miriade di potenziali problemi.
Infatti, in poche parole, l'anatocismo consiste nella: "capitalizzazione indebita di interessi su interessi".
Ossia se un conto corrente va in rosso, in alcuni casi si rischia di pagare gli interessi sugli interessi mancati. Questo equivale a far crescere in maniera vertiginosa il debito e ad andare incontro ai problemi tipici dell'usura. L'adusbef affronta da molto questo tema, e già sono state vinte alcune cause contro banche che avevano approfittato di ciò.
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Negli ultimi anni il termine anatocismo, ovvero capitalizzazione indebita di interessi su interessi, è improvvisamente divenuto noto al pubblico a seguito della famosa sentenza della Corte di Cassazione emessa a sezioni riunite nel novembre 2004 con la quale si dichiarava l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale.
Ma l'anatocismo influisce, e molto spesso determina, un fenomeno ancor più rilevante e ad oggi quanto mai drammaticamente latente: l'usura.
Infatti la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 15 maggio 1998 così si riferisce alle conseguenze comportate dall’applicazione dell’anatocismo: <<[…] il meccanismo della capitalizzazione trimestrale a lungo andare, finisce per far salire il tasso degli interessi applicati – che si trasformano in capitale – portando detti interessi a superare, con il tempo, i “tassi soglia” stabiliti dalla legge 7 marzo 1996 n. 108 prevista in tema di usura. Ed è proprio alla luce di questa nuova normativa che “l’anatocismo bancario” viene guardato con sfavore, anche da una certa recente giurisprudenza di merito, a cui questo tribunale intende aderire>>.
Moltissime sono infatti le società o i correntisti che operano per necessità professionali mediante i finanziamenti per apertura di credito erogati dalle banche: l'ADUSBEF raccoglie quotidianamente drammatici segnali di allarme lanciati da soggetti imprenditoriali in gravi dificoltà economiche a causa dell'indebitamento bancario.
L'applicazione di tassi di interesse effettivi superiori al tasso soglia determinato dalla legge 108/96, fa sì che il correntista sia tendenzialmente gravato da un debito via via sempre maggiore il quale va a generare interessi passivi sempre più elevati, determinando una materiale difficoltà per il soggetto a ritornare in attivo.
Spesso tali situazioni tracollano con la dichiarazione di fallimento dell'impresa o con il pignoramento dei beni immobili concessi ad ipoteca alla banca creditrice.
(da...)
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