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5 dic 2010

Internet e Costituzione, niente bis

di L. Annunziata - Stefano Rodotà lancia una campagna per emendare la Costituzione: Internet dovrebbe essere un diritto sancito. Ma è questo l'approccio giusto per rendere la Rete un tema centrale?

Roma - All'Internet Governance Forum 2010, edizione Italia, si è materializzata la proposta che da anni si rincorre nel Belpaese (e fuori) sostenuta da Stefano Rodotà: abbandonata per una volta la "Internet Bill Of Rights", la carta dei diritti di Internet, il professore ed ex-garante per la protezione dei dati personali ha lanciato una nuova iniziativa. Questa volta, in luogo di un approccio parallelo, si è scelta la via costituzionale: un articolo 21 bis da sommare alla carta del 1947, un articolo scritto apposta per trasformare Internet in un diritto sancito dalla Costituzione italiana. Una scelta che, per diverse ragioni, presta il fianco ad alcune critiche.

Innanzi tutto è bene chiarire quale sia il testo proposto. In aggiunta alle disposizioni dell'articolo 21 (quello dedicato alla libertà di stampa e d'espressione), secondo il professor Rodotà andrebbe specificato che:
Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Analizzando il testo si possono cogliere i seguenti punti fondamentali: il nuovo articolo bis si concentra essenzialmente sulla problematica del digital divide quando dice "con modalità tecnologicamente adeguate", e pone sulle spalle dello Stato il suo superamento. Tutti i cittadini, "in condizione di parità" devono avere accesso a Internet: devono farlo "con modalità tecnologicamente adeguate", ovvero bando alle connessioni dialup e spazio a un ADSL quantomeno decente, senza che il costo di questa connessione ricada sulle spalle dei cittadini stessi ("che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale").

In un certo senso, l'articolo è stato scritto per designare Internet come "servizio universale" (senza tuttavia definirlo tale in modo rigoroso): questo significa che lo Stato dovrebbe intervenire per colmare eventuali carenze infrastrutturali, laddove gli operatori dovessero decidere di non ritenere economicamente conveniente investire, che lo Stato dovrebbe preoccuparsi di garantire un mercato "calmierato" per evitare distorsioni anticompetitive, che lo Stato dovrebbe decidere in anticipo i limiti di questo servizio e quali siano i soggetti coinvolti nel garantire la fornitura dello stesso agli utenti finali.

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