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10 nov 2010

Tre schiaffi sulla Libia. Il governo è già in minoranza


Il volto terreo di Frattini. L’appello disperato di Mantica. La rabbia di Cicchitto. Gli insulti dei leghisti. Gli improperi da campagna elettorale di La Russa. La mediazione del Senatur morta sul nascere. Roma, ore 17:33. Sotto una prima volta. Poi una seconda. E ancora una terza. Per il Cavaliere è il Giorno della Disfatta. Per la (fu) maggioranza è l’inizio della fine. Una fine ingloriosa, consumata in un’atmosfera torbida, tra minacce e applausi di scherno.

TRIPLICE SCHIAFFO L’inizio della fine: il Governo è battuto nell'Aula della Camera su un emendamento del radicale Matteo Mecacci ad una mozione sulla cooperazione tra Italia e Libia: i sì sono 274 sì, i no 261. L'emendamento si riferisce alla mozione di maggioranza sulle iniziative volte alla revisione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione Italia-Libia, e verte in materia di immigrazione. In base al testo approvato, il Governo viene impegnato «a sollecitare con forza le autorità di Tripoli affinché ratifichino la Convenzione Onu sui rifugiati e riaprano l'ufficio dell'Unhcr a Tripoli quale premessa per continuare le politiche dei respingimenti dei migranti in Libia».

A favore del testo votano oltre al Pd e all'Idv, l'Udc e Fli, che non cambia idea dopo i ripetuti appelli del sottosegretario Alfredo Mantica e di esponenti del Pdl ad allinearsi con il Governo. Dopo il voto, tutti i deputati del Pdl e della Lega si alzano in piedi tributando un applauso velenosamente ironico ai colleghi di Fli, cui urlano «Bravi, bravi»!. È solo l’inizio. Della fine. «Così apriamo le porte ai clandestini», ripete nella bolgia il ministro degli Esteri, lo sgomento Frattini. «Sono matti, vogliono farci invadere dagli immigrati», sbotta contro i futuristi , il presidente leghista della Commissione Affari esteri, Stefano Stefani. «Chi vota questo testo con l'emendamento approvato vuole che cessi la politica dei respingimenti e che i barconi di immigrati tornino a solcare i nostri mari con il loro carico di dolore», sentenzia il titolare della Difesa, un furioso Ignazio La Russa. «Cosa faremo ora? Semplice, tappezzeremo tutte le città d'Italia con migliaia di manifesti sui quali si vedrà la faccia di Fini accanto ai barconi pieni di immigrati», avvertono minacciosi alcuni parlamentari del Pdl. Ma il Giorno della Disfatta non si è ancora consumato.

DERIVA TOTALE È sera e la pioggia che imperversa su Roma fa da degno sfondo al clima da tregenda politica che si vive a Montecitorio. Il Governo va sotto altre due volte: sulla mozione dell'Udc (281 sì e 270 no) e su quella fatta propria da Fli dopo che il Governo l' aveva ritirata sui rapporti tra Italia e Libia. Al danno, si aggiunge la beffa. L’opposizione esulta. ««Oggi non si registra solo la crisi del centrodestra, ma anche l'affermazione di un importante principio di civiltà giuridica: l'Italia con questo voto riprende un profilo di dignità», annota il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Non c'è più spazio per i traccheggiamenti: la maggioranza deve rendere formale la crisi. Sono giorni che lo dico, non so più come dirlo, è da giorni che noi l'abbiamo vista giusta», aggiunge Bersani.

«C'è una nuova maggioranza in Parlamento sui diritti umani e questa è finalmente una buona notizia per l'Italia», gli fa eco il deputato dell'Udc Pierluigi Mantini. Non nasconde la sua soddisfazione Italo Bocchino. L’esponente di Fli ha esercitato un’opera di «persuasione» sugli indecisi del suo gruppo parlamentare, che non è sfuggita ai deputati del Pdl e della Lega. «Ho sentito quel farabutto dire: dobbiamo far capire a Berlusconi che senza i voti di Fini non va da nessuna parte», ripete invasato un deputato ex An. I più esagitati tempestano Bocchino di fischi e gli urlano «buffone. buffone!» La risposta dell’esponente futurista è affidata ad una nota: ««Sulla vicenda del Trattato con la Libia, il Pdl e la Lega fanno demagogia a buon mercato per ingannare l'opinione pubblica...Il nostro voto non è contro i respingimenti, che sono giusti e utili, ma a favore della tutela dei diritti umani», rimarca Bocchino. È già campagna elettorale.

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