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1 nov 2010

L'attore-alter ego di Mr Facebook "Un leader al di là del bene e del male"


Grandi applausi anche qui a Roma per il film-fenomeno "The Social Network", che ricostruisce la nascita del colosso internettiano. Il protagonista, Jesse Einsenberg, rivela: "Zuckerberg ha affittato un intero cinema per far vedere la pellicola ai suoi dipendenti..."

ROMA - "Come ha reagito Marc Zuckerberg a questo film? Vi dico solo che il primo ottobre, giorno dell'uscita americana, ha affittato un'intera sala a Palo Alto, ha messo sui pullman i suoi dipendenti e li ha portati a vederlo. Tra loro c'era anche mio cugino: a fine proiezione gli si è avvicinato e gli ha chiesto di mandarmi un sms, per farmi sapere che gli era piaciuto tantissimo...". A parlare è Jesse Einsenberg, l'attore ventisettenne che nel bellissimo "The Social Network" di David Fincher, evento speciale di oggi, interpreta proprio lui, il nerd geniale e sociopatico (almeno nel film) fondatore di Facebook. In una pellicola scritta magnificamente da Aaron Sorkin, e che qui - come nel resto del mondo  - viene accolta da grandi applausi. 

La trama: ad Harvard, nel 2003, Marc viene mollato dalla ragazza, e la stessa notte mette in rete, piratandole, le foto di tutte le ragazze dell'università. Risultato: boom di contatti. Qualche mese dopo, nasce "The Facebook", per mettere in comunicazione gli allievi dell'ateneo: il creatore è Marc, il direttore finanziario il suo amico Eduardo Saverin (Andrew Garfield). Ma poi, dopo il boon internazionale del sito, Eduardo viene estromesso, con lo zampino dell'ex creatore di Napster Sean Parker (Justin Timberlake). Partono così due cause contro il ventenne Zuckerberg diventato miliardario: una di Saverin, l'altra dei gemelli Winklevoss (Armie Hammer e Josh Pence), suoi ex colleghi di facoltà, che sostengono di aver avuto loro l'idea... 

Ed ecco come Eisenberg risponde ai cronisti del Festival.

Allora, Jesse: hai mai incontrato il vero Zuckerberg?
"No, ma mi piacerebbe tantissimo. Mi sono preparato leggendo e ascoltando tutte le sue interviste, e raccogliendo qualsiasi materiale su di lui (compreso il suo saggio per l'ammissione a Harvard). Mentre giravamo cercavamo di non pensare a cosa avrebbero pensato i personaggi reali; poi però le loro reazioni a film finito ci hanno fatto sentire sollevati".

Che idea si è fatta del suo personaggio?
"Il mio giudizio è positivo: credo sia un pioniere, ha fatto cose sorprendenti. E' vero, nel film sembra che tradisca gli amici. Ma io non la vedo in termini di tradimento: credo che lui fosse concentrato solo su Facebook. Quando Marc taglia i ponti con Eduardo, lo fa per il bene della società. In questo senso, è un uomo d'onore. Non bisogna vederlo come un buon amico o un cattivo amico, ma come un grande leader".

Dal film emergono con forza le difficoltà relazionali del protagonista...
"Una delle cose che rendono il personaggio gradevole è che si capisce da dove viene: lui è quello che ne sta in un angolo alla festa, senza essere in grado di interagire, e poi va a casa e crea lo strumento supremo per interagire. Credo che abbia inventato Facebook perché era lui ad avere bisogno di un mezzo simile. Ma alla fine resta solo".

Lo slogan del film è "non si hanno 500 milioni di amici senza farsi qualche nemico". E lei, dopo il successo avuto con questo film, di nemici se ne è fatti?
(Sorride) "Sono ebreo, per cui a Hollywood non avrò mai nemici... sicuramente ne avrò da qualche altra parte del mondo!".

Qual è il suo rapporto con Facebook nella vita reale?
"Non sono mai stato iscritto, tranne un breve periodo durante le prove del film in cui mi serviva per la preparazione. Quando sette anni fa ho fatto il primo film ho digitato il mio nome su Google e ho trovato così tante cose negative su di me, che non ho nessuna intenzione di fornire altro materiale...".

Fin qui il faccia a faccia con Esinberg. Ma sul film c'è da fare un'ultima annotazione: questa mattina alle 9, nella Sala Petrassi, viene proiettato per la stampa già doppiato in italiano, tra le proteste della platea di giornalisti. Perché viene violata la regola di qualsiasi festival di utilizzare sempre la versione originale. Colpa di un disguido della società di distribuzione Sony, che ha inviato all'Auditorium la copia sbagliata. Poco dopo il direttore del Festival Piera Detassis attacca: "Una scelta che assolutamente non condividiamo". E infatti la pellicola viene riprogrammata più tardi, in inglese. Come da tradizione.

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