Dopo la bocciatura del governo si parla sempre più di voto anticipato
I l fatto che la mediazione fra il premier e Gianfranco Fini sia stata assunta da Umberto Bossi è paradossale e insieme inevitabile. Paradossale, perché il presidente della Camera aveva deciso di picconare il governo per contrastare lo strapotere dell'«asse del Nord». Invece si trova costretto a riconoscere al capo della Lega una centralità che contraddice la sua strategia. Ma il colloquio di domani è anche inevitabile, perché entrambi, e il premier con loro, debbono dimostrare all'elettorato che non vogliono il voto; e perché la Lega ha in mano il destino di Berlusconi.
Dunque, prima di prendere atto che la legislatura sta finendo vogliono credere allo «spiraglio» evocato da Bossi: sebbene ieri sia stato rimpicciolito dal voto del Fli con l'opposizione, che ha battuto per tre volte il governo sul trattato Italia-Libia in tema di immigrazione clandestina. Fli e opposizioni tentano di accelerare una crisi virtualmente già aperta. La loro speranza è di sfrattare il Cavaliere senza arrivare alle elezioni. La minaccia del Fli di far dimettere la sua delegazione se Berlusconi non getta la spugna si concretizzerà entro qualche giorno.
È vero che si tratta di un «ministro senza portafoglio» e di alcuni sottosegretari. Ma le procedure parlamentari fanno ritenere che il tentativo di minimizzare l'uscita del Fli possa essere frustrato. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è stato chiaro. Ha ammonito che prima va approvata la Legge finanziaria, per mettere l'Italia al riparo da tentativi speculativi della finanza internazionale. Ma gli scarti parlamentari dei finiani inducono a parlare soprattutto degli scenari del «dopo». C'è chi accarezza l'idea di un governo che porti alle elezioni anticipate, non presieduto da Berlusconi; chi spera in un esecutivo in grado di raccogliere una maggioranza senza Lega e Pdl, per cambiare sistema elettorale; e chi è convinto che si andrà al voto con questo premier e con questa legge.
Se regge l'asse fra Berlusconi e Bossi, l'ultima prospettiva è la più verosimile. Il ruolo di paciere che il capo dei lumbard si è ritagliato non la contraddice: semmai aggiunge variabili che sembrano diversivi tattici. Ma il tempo sta diventando un fattore chiave. I cultori di storia parlamentare ricordano che da molti anni, ormai, non si apre una crisi con la Finanziaria da approvare. Eppure, mentre Berlusconi e Bossi visitano fra le contestazioni il Veneto allagato, e poi il premier va dai terremotati dell'Aquila, cresce la sensazione di un governo, e forse di una legislatura, al capolinea.
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