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24 mar 2010

Diego Urbina, un italiano su Marte?


Il viaggio su Marte ora si prova a terra
Durerà 520 giorni: c’è anche un italiano




La tuta per l'uscita su Marte NOORDWIJK — C’è anche l’italiano Diego Urbina tra i quattro europei selezionati per tentare l’avventura marziana «Mars 500» sulla Terra. Ha 27 anni, ed è il più giovane del quartetto che l’agenzia spaziale Esa ha scelto nel suo centro olandese, per condividere con i russi in un simulatore costruito all’Istituto dei problemi biomedici di Mosca la faticosa esperienza che durerà 520 giorni. L’equipaggio sarà formato da sei volontari: tre russi, un cinese, due europei. L’Esa ne ha preparati quattro perché due devono essere pronti come riserve nel caso i titolari manifestino qualche impedimento. Gli altri tre europei, tutti trentenni, sono i francesi Romain Charles e Arc’hanmael Gaillard e il belga Jerome Clevers. Ora i quattro voleranno a Mosca per iniziare l’addestramento al termine del quale, verso l’estate, entreranno nel simulatore formato da abitacoli cilindrici di quasi quattro metri di diametro ognuno specializzato in un’attività. In aggiunta c’è una zona che riproduce la superficie del Pianeta Rosso sulla quale tre esploratori cammineranno per 30 giorni mentre gli altri tre li controlleranno come fossero in orbita.
Ogni comunicazione con l’esterno avrà un ritardo di 20 minuti per riprodurre il tempo necessario alla trasmissione dei segnali tra la Terra e il vicino pianeta. Nei primi 250 giorni e negli ultimi 240 vivranno, invece, tutti insieme come stessero compiendo rispettivamente il viaggio d’andata e di ritorno. In questo periodo diventeranno delle vere e proprie cavie coscienti di sottoporre il corpo e la mente alle difficili condizioni dell’isolamento e preparare la futura, vera, avventura. Non è un compito facile tanto che un primo limitato test del genere i russi, sempre impegnati per l’ambiziosa meta, lo realizzavano ancora nel 1968.

«Dagli anni Novanta anche l’Europa ha affrontato alcune esperienze guardando alle missioni sulla Luna e Marte — ricorda Simona Di Pippo, direttore dei voli umani in Esa—ma è con i russi che approfondiamo la ricerca usufruendo della loro lunga esperienza sui laboratori in orbita terrestre e coinvolgendo numerosi scienziati di vari Paesi, italiani compresi. E’ l’unico modo per imparare a vivere su un altro corpo celeste».

L’isolamento, lo stress e l’inattività in cui si verranno a trovare i sei esploratori causano diversi effetti negativi. Ne possono risentire il sistema cardiovascolare, la regolazione cardiaca e le funzioni cardiopolmonari. Lo stress mentale causa un abbassamento delle difese immunitarie e altera i cicli ormonali generando depressione e alterazione nei rapporti e nella qualità del lavoro. Questo è un aspetto determinante in una missione di lunga durata tanto da esserne messa a rischio.

Ma c’è anche l’aspetto della luce costante e ben diversa da quella che normalmente riceve un essere umano in condizioni di vita normale. Ciò disturba l’equilibrio psicologiche, il sonno e il metabolismo e quindi si prevede, per equilibrare il danno, di sottoporre l’equipaggio a sedute di illuminazione nella lunghezza d’onda del blu. Ecco gli aspetti che saranno analizzati per studiare degli interventi correttivi i quali saranno pure utili nella normale vita sulla Terra. In un viaggio spaziale si aggiungono, naturalmente, i disturbi dell’assenza di gravità ma già risolvere quelli legati al confinamento è un buon passo avanti. Nel simulatore marziano, rigorosamente sigillato, ci sono riserve per l’intero soggiorno e i cibi saranno gli stessi utilizzati sulla stazione oggi in orbita. Ogni componente del team subirà controlli dall’esterno con le tecniche della telemedicina.

La sfida sta per iniziare e i protagonisti (che guadagneranno 75 mila euro) sembrano ansiosi di affrontarla. «Mi porterò un e-reader con i romanzi di Garcia Marquez e Manzoni — dice Diego Urbina — e un buon bagaglio di informazioni memorizzate da Wikipedia perché non possiamo accedere a Internet. Ho sempre avuto una passione per lo spazio e Marte è una frontiera obbligata: l’uomo deve uscire dalla Terra».


Diego è italo-colombiano: la madre è torinese e il padre colombiano. Lui ha lasciato la Colombia nel 2002 per studiare ingegneria a Torino lavorando in seguito al centro degli astronauti europei di Colonia e dopo, per alcune settimane, nella stazione che riproduce, in piccolo, nel deserto dello Utah (Usa) una base marziana. Era il primo piccolo passo per conquistare una grande simulazione e sognare davvero di essere su Marte.

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