TRADITO DA UNA DELLE SUE CONCUBINE
Tel Aviv, arrestato il "guru" Goel
Le 17 mogli e i figli ridotti in schiavitù
Il santone Goel Ratzon rischia fino a 16 anni. I più piccoli dei suoi 60 figli dovevano baciargli mani e piedi
L'arresto del santone Goel Ratzon (Ansa/Epa) |
LAVAGGIO DEL CERVELLO - «Non è stato facile incastrarlo», spiega Mike Rosenfeld, il portavoce della polizia israeliana. Il guru aveva praticato un raffinato lavaggio del cervello su tutto il clan. Tanto che, ora che è in galera, le mogli sono divise: qualcuna lo difende, lo descrive come un marito ideale, minaccia il suicidio. Lui stesso, quando un anno fa venne intervistato in tv per un documentario sulle microcomunità religiose d’Israele, rivelò il suo segreto: «Io sono perfetto. Sono il tipo di uomo che tutte le donne sognano d’avere».
TELECAMERE E MICROSPIE - I primi sospetti che là dentro le cose fossero assai meno paradisiache, la polizia li ebbe dieci anni fa, ma le indagini non portarono a nulla. A giugno, la denuncia d’una delle schiave e la scelta di collaborare con gli inquirenti: per sette mesi, su ordine della Procura di Stato, telecamere nascoste e microspie hanno tratteggiato un ritratto di famiglia in un inferno. «Con scene difficili da vedere – dice Rosenfeld – anche per poliziotti di lunga esperienza». Il guru fai-da-te aveva anche scritto un libro di regole e di punizioni, che era obbligatorio rispettare alla lettera, e aveva scelto due mogli preferite (arrestate assieme a lui) che dovevano vigilare su tutto il gruppo. Gli interrogatori di donne e bambini dureranno settimane. Una squadra di 150 psicologi e assistenti sociali dovrà lavorare al caso. Il problema ora è questo: una volta accertate le responsabilità, chi può essere considerato solo vittima e chi, anche, complice degli abusi inflitti? E come continuare ad affidare i figli a donne che per anni hanno subìto le violenze di Goel Ratzon e, anzi, ancora lo giustificano? Senza contare le domande che gli stessi investigatori si stanno ponendo: «Com’è stato possibile – dice una fonte al Jerusalem Post - che tra i vicini, tra chi li frequentava, nessuno si sia accorto di nulla?».
SCHIAVITÙ - La comunità viveva in una zona molto popolata, aveva scambi, alcune donne ogni tanto lavoravano pure. E infatti è su questo punto che la difesa di Goel il Saggio intende insistere: «Parlare di schiavitù è un’esagerazione – dice l’avvocato Shlomzion Gabai -. È un po’ difficile tenere schiave persone adulte, quando la porta di casa è aperta e tutti possono entrare e uscire come vogliono. C’era il libro delle punizioni, è vero, ma era solo un libro». La violenza di Goel, forse, era qualcosa di ancora più sottile di quel che telecamere e microspie hanno raccontato. E i danni, sono ancora tutti da capire.
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