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20 nov 2009

Riciclaggio, ecco la seconda vita dei televisori




In mezzo a campi di riso, dedicati al miglior sakè del Sole Levante, lontano dal cemento di Osaka e dalle sue industrie, in un Giappone verde come difficilmente si riesce a vedere e non lontano da Hiroshima sorge, a Yashiro, la più green delle fabbriche di Panasonic. Ma qui non si costruisce nulla, anzi si smontano e si recuperano apparecchi a fine carriera per necessità ambientale e per sperimentare nuovi business basati sul riciclo dei preziosi materiali contenuti nelle apparecchiature elettriche. Ed è qui, al Panasonic eco technology center, che i vecchi e grossi televisori con i loro enormi e pesanti tubi catodici in vetro iniziano una seconda vita. E in Giappone, come in Europa, sulla scia della transizione dal tv crt a quello flat flat e del digitale terrestre sono stati dismessi decine milioni di apparecchi. E di questi 12,9 milioni nel Paese del Sole levante sono stati conferiti in discariche speciali e smantellati con cura per non disperdere elementi pericolosi e recuperare materiali utili come il vetro, il rame e l'alluminio. Ma a Yashiro si disassemblano anche elettrodomestici al ritmo atteso di un milione di pezzi l'anno: qualcosa come 30mila tonnellate l'anno.
Non è un lavoro facile. L'impianto, dove lavorano 180 persone, è composto da linee di disassemblaggio. I vecchi apparecchi scorrono lungo catene di montaggio, pardon di smontaggio, dove in base a principi tyloristici di organizzazione del lavoro vengono separati i componenti: si smantella il mobile di plastica, e il materiale inviato a una raccolta differenziata ad hoc, si staccano i circuiti elettronici, e qui arriva la parte difficile perché sulle schede di vetronite c'è un misto di plastica e metallo che vengono separati solo dopo essere stati tritati e centrifugati. E i metalli ferrosi separati con magneti.
Ma il grosso del lavoro è riservato al cinescopio. Sono grandi e pesanti e una volta rimossi non è sufficiente raccoglierli e inviarli in un sito per il riciclo del vetro. Occorre, invece, compiere un'operazione complicata: oltre a estrarre il cannone elettronico posteriore, occorre separare lo schermo anteriore, quello "spalmato" di fosforo, dal cono. Si tratta di un compito difficile: il vetro è molto spesso in quel punto e bisogna evitare la dispersione di polveri di metalli pesanti, particolarmente inquinanti e nocivi per la salute. All'inizio si utilizzava un classico filo caldo per scindere le due parti: il tubo conico e lo schermo. Recentemente è stato messo in funzione un laser robotizzato ad alta potenza, simile a quello usato per saldare le lamiere delle auto. In questo modo, il crt viene separato e il vetro può, dopo una bonifica, essere riciclato e trasformato in oggetti utili: dai parabrezza per auto alle piastrelle, dai rivestimenti edili alle bottiglie.
È dunque tutta nel vetro la seconda di un televisore. Ancvhe in Italia sta aumentando in modo esponenziale la raccolta di vecchi apparecchi: nei primi 10 mesi dell'anno ne sono stati dismessi circa 1,8 milioni di pezzi, qualcosa come 36mila tonnellate. E di questa massa, di cui circa la metà è vetro, viene utilizzata anche nell'edilizia. Ad esempio il progetto Glass Plus varato dal consorzio ReMedia per la gestione dei Raee e dal gruppo Concorde è focalizzato sul riciclo di vetro proveniente da tubi catodici per realizzare piastrelle. E in futuro questa miniera di vetro si esaurirà: nei moderni flat tv lo schermo protettivo è in policarbonato che costa di meno, ma si usura e il suo riciclo non è così "eco friendly".

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