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14 ott 2009

In Giordania la Silicon Valley del Medio Oriente


Negli ultimi anni boom per le imprese create dai giovani sotto i 30 anni

La regina Rania commenta su Twitter tutti i suoi spostamenti e il wi-fi è gratis praticamente ovunque!



C’è una nuova Silicon Valley a poche miglia dalle sponde del Mediterraneo. Si specchia sul mar Rosso, in Giordania, il Paese della regina Rania che su Twitter commenta tutti i suoi spostamenti e del wi-fi libero e gratuito praticamente ovunque. Proprio qui, negli ultimi anni sono nate piccole realtà imprenditoriali (start-up) fondate con pochi mezzi da giovani sotto i trent’anni: imprese che trasformeranno il web 2.0 arabo e non solo.

Alcune esperienze sono già diventate casi di studio come il Watwet (il Twitter arabo) o la recente acquisizione da parte di Yahoo! di Maktoob, il portale fondato nel 2000 che gestisce la maggiore comunità online in lingua araba. Un accordo da più di 100 milioni di dollari che ha attirato l’attenzione dei venture capitalist internazionali sulle piccole imprese giordane che operano nel campo dell’innovazione e della creatività online. Nonostante il grande problema del digital divide (in Giordania solo il 25-30% della popolazione ha accesso alla Rete), i giovani sfruttano il web per aprire nuovi business, fare politica e mobilitare. E proprio come alla fine degli anni Settanta, Steve Jobs e Steve Wozniak («i due Steve») fondarono Apple nel garage di casa, anche i ragazzi arabi partono con pochi mezzi.

«All’inizio era solo una grande passione condivisa con un gruppo di amici dell’università», ricorda Laith M. Zraikat che dopo la laura da dentista, nel 2001 insieme con altri studenti ha fondato Jeeran, una sorta di Facebook all’araba che oggi è arrivato a 1,5 milioni di utenti registrati e oltre 7 milioni di visitatori al mese. «Quello che ci interessa di più sono i contenuti prodotti dagli utenti: il social network serve proprio a connettere questi blog, profili e pagine in lingua araba», dice Laith durante la tavola rotonda Oriente.com, prodotta e curata da Telecom Italia, Wired Italia e la Fondazione Romaeuropa. «La Silicon Valley giordana non è che il risultato della volontà politica del re Abdullah II di Giordania e della regina Rania che stanno incoraggiando l'imprenditorialità giovanile con incentivi e investimenti strutturali in tecnologia», dice Donatella Della Ratta, esperta di media arabi e anima del blog MediaOriente. Jeeran è l’esempio più significativo di queste giovani realtà, ma in Giordania c’è anche chi il web lo sfrutta per il progresso politico, economico e civile.

È questo il caso di UrdunMubdi3 (Creative Jordan), un social network dove le discussioni online diventano progetti operativi offline. «La ricchezza della Giordania è il suo popolo, sei milioni di persone per lo più giovani», dice Nadine Toukan, co-fondatrice e tribe leader di Creative Jordan. «Noi li invitiamo a sviluppare un’idea critica sulla realtà e a confrontarsi con rispetto su temi come l’ecologia, la politica e la violenza sulle donne. Nel regno della Giordania, l’impegno sociale è mediamente basso, ma se riusciamo ad attirare l’attenzione online su tematiche così importanti riusciremo a trasformarla in azione concreta offline per migliorare la società. Il mondo ha bisogno non solo di spazi di libertà, ma anche di motivi per agire».

«La Giordania è una bella eccezione nel panorama arabo», conferma l’imprenditore tunisino Tarak Ben Ammar . «Un Paese che non ha petrolio e gas e che può permettersi di investire nel capitale umano, per lo più giovane, e nelle idee di uomini e donne». «Il Maghreb, il Vicino e il Medio Oriente sono riserve infinite di entusiasmo, creatività ed energia anche nel campo del web», aggiunge Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia. «Le barriere, gli ostacoli alla libera circolazione di persone e idee, non proteggono l’Occidente ma gli impediscono di crescere e di sfruttare questa vitalità».

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