«I blog sono come la birra fatta in casa. Chiunque può produrli », scriveva due anni fa Glenn Reynolds, tra i pionieri delle nuove distillerie digitali. Con bassi investimenti e alta tecnologia, Un esercito di Davide (il titolo del suo libro) si è messo in marcia per conquistare pubblico e terreno pubblicitario ai danni dei giganti tradizionali.
Democratizzazione e decentralizzazione sono state per anni le parole d’accesso e la promessa dei web-profeti. «È andata davvero così?», si chiede l ’Atlantic Monthly . Che fa notare l’emergere del blogger professionista, sempre più dipendente (e stipendiato) dai Golia che era nato per contrastare. La rivista americana ricorda la parabola di Ezra Klein, da urlatore solitario a oratore per il Washington Post . O l’evoluzione di Ross Douthat, da Internet alla pagina degli editoriali del New York Times.
Tra i cinquanta blog più visitati della classifica stilata da Technorati, gli autori auto-prodotti sono rimasti pochi e riuscire a raggiungere i vertici è diventato sempre più difficile, perché i grandi nomi e i grandi marchi attirano e monopolizzano il traffico online. Aol da sola è proprietaria di ventisette blog sui primi cento della lista. Gli altri finiscono impolverati: il 94 per cento dei siti personali rilevati nel 2008 è stato chiuso o abbandonato.
Anche in Italia i blog più seguiti e discussi sono rilanciati e inglobati dai portali di testate Golia o sono l’emanazione di nomi già noti (grazie ai vecchi media). Piovono rane — in testa secondo Blogbabel — è curato da Alessandro Gilioli, giornalista de L’espresso . Nei primi dieci posti ci sono Beppe Grillo e Voglioscendere del trio Corrias-Gomez-Travaglio. Da democratico e decentrato, l’universo web comincia ad assomigliare al mondo di qua, dove tanti parlano e pochi hanno la possibilità di farsi sentire.
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