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19 set 2009

La classifica dei blogger: ai primi posti chi è già famoso




«I blog sono come la birra fat­ta in casa. Chiunque può pro­durli », scriveva due anni fa Glenn Rey­nolds, tra i pionieri delle nuove distille­rie digitali. Con bassi investimenti e al­ta tecnologia, Un esercito di Davide (il titolo del suo libro) si è messo in mar­cia per conquistare pubblico e terreno pubblicitario ai danni dei giganti tradi­zionali.



Democratizzazione e de­centralizzazione sono sta­te per anni le parole d’ac­cesso e la promessa dei web-profeti. «È andata davvero così?», si chiede l ’Atlantic Monthly . Che fa notare l’emergere del blog­ger professionista, sempre più dipendente (e stipen­diato) dai Golia che era nato per contra­stare. La rivista americana ricorda la pa­rabola di Ezra Klein, da urlatore solita­rio a oratore per il Washington Post . O l’evoluzione di Ross Douthat, da Internet alla pagina degli editoriali del New York Times.

Tra i cinquanta blog più visitati della classifica stilata da Technorati, gli auto­ri auto-prodotti sono rimasti pochi e riuscire a raggiungere i vertici è diven­tato sempre più difficile, perché i gran­di nomi e i grandi marchi attirano e mo­nopolizzano il traffico online. Aol da so­la è proprietaria di ventisette blog sui primi cento della lista. Gli altri finisco­no impolverati: il 94 per cento dei siti personali rilevati nel 2008 è stato chiu­so o abbandonato.

Anche in Italia i blog più seguiti e discussi sono rilanciati e inglobati dai portali di testate Golia o so­no l’emanazione di nomi già noti (grazie ai vecchi media). Piovono rane — in testa secondo Blogba­bel — è curato da Alessan­dro Gilioli, giornalista de L’espresso . Nei primi dieci posti ci so­no Beppe Grillo e Voglioscendere del trio Corrias-Gomez-Travaglio. Da demo­cratico e decentrato, l’universo web co­mincia ad assomigliare al mondo di qua, dove tanti parlano e pochi hanno la possibilità di farsi sentire.
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