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12 ago 2009

Yes, we Google




Yes, we Google. Ovvero facciamo una ricerca sul web. Perché a soli otto anni dalla sua creazione, questo motore di ricerca è diventato nel 2006 un verbo del Merriam-Webster, il nostro Devoto-Oli, per intenderci



Un riconoscimento che non è di Msn né di Yahoo, agguantato con una rapidità sconosciuta agli altri marchi approdati sul dizionario (i fazzolettini di carta, ad esempio, hanno impiegato più tempo a farsi chiamare Kleenex). Merito del nome? Forse. E di un percorso che parte nel 1938 dalla fantasia di un bambino, e conduce quasi sessant’anni dopo nelle aule della Stanford University. Nel prestigioso ateneo americano Larry Page e Sergey Brin stavano chiedendo aiuto ad altri studenti d’informatica: erano alla ricerca di un nuovo nome per la loro invenzione, quel search engine (motore di ricerca) che finora avevano chiamato “BackRub”. Non andava bene.

Anche il matematico Edward Kaiser cercava un nome nel 1938, un nome facile per indicare un numero molto grande, superiore a quello delle particelle elementari nell’universo: il numero 1 seguito da cento zeri. Chiese a suo nipote, nove anni, che si inventò “googol”. Aggiudicato. Kasner lo registrò poco tempo dopo nel suo trattato “Mathematics and Imagination”, e approvò anche quell’altro nome, “googol-plex”, per significare il numero 1 seguito da un googol di zeri.

Quando nel 1997 Sean Anderson, uno degli studenti chiamati a dare un contributo, tirò fuori googolplex, il nome piacque subito a Larry Page, che gli chiese di registrare il dominio “googol”. Anderson non perse un minuto, ma invece di rispettare l’ortografia originale, scrisse: “google.com”. Era il settembre del 1998, il nuovo nome faceva ingresso nella storia. L’altro, Googleplex, è stato affibbiato all’edificio che ospita gli uffici della società, a Mountain View in California. Googleplex, l’incontro tra Google e il suo complex.
sole24ore

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