Ora tutti smentiscono sdegnati, ma è vidente che attorno a Finmeccanica, che è il fiore all'occhiello dell'industria di Stato, una conglomerata che spazia dagli aerei agli elicotteri, alle armi, all'informatica, allo spazio, ai satelliti, si sta giocando una partita sporca da rendere molto verosimile i racconti che vengono «da dentro». Lorenzo Borgogni, per dire, direttore alle relazione istituzionali, uomo di cerniera tra il megapresidente Pier Francesco Guarguaglini e la politica, già nei guai per un'inchiesta napoletana sugli appalti e un'altra romana sui fondi neri e le acquisizioni, ha raccontato in un interrogatorio: «Lasco è venuto da me dopo l'esplosione mediatica della vicenda giudiziaria che ha investito Finmeccanica a dirmi che lui non c'entrava nulla con l'accanimento mediatico». Giuseppe Lasco, chi è costui? È una figura nuova che viene alla ribalta. Si occupa della security a Terna, ennesima società pubblica nata dallo scorporo da Enel della rete elettrica. Lasco viene considerato il «braccio armato» di Flavio Cattaneo, già direttore generale della Rai, attuale amministratore delegato, vicino a la Russa e agli ex An, molto noto anche per essere il fidanzato di Sabrina Ferilli. Ebbene, dopo quella visita, Borgogni pensò subito alle aspirazioni di Cattaneo. «Devo dire che Cattaneo aveva una vera fissazione e ambiva a fare l'amministratore delegato di Finmeccanica».
Finmeccanica rappresenta un vero Stato nello Stato. Nel 2010 viaggiava su 18,5 miliardi di fatturato con un margine di 1,5 miliardi. In portafoglio ha ordini per 22 miliardi. Siccome maneggia affari delicatissimi per la sicurezza nazionale, fa quasi tutto in segreto e senza gare d'appalto. È questo dunque l'intrigo a cui Borgogni (e Guarguaglini?) pensa: qui c'è una trama per scalzarci e chissà che ruolo ha avuto Lasco. Il quale è un ex ufficiale della Finanza, ostenta ottimi rapporti con magistrati importanti quale il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo o il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Leonardo Gallitelli, ma anche tra i suoi ex colleghi. «Ultimamente hanno scatenato una vera e propria guerra per fare in modo che Cattaneo venisse in Finmeccanica», dice ancora Borgogni. Il diretto interessato si adonta al semplice sospetto: «Prendo atto nuovamente - dice Giuseppe Lasco - di una carrellata di calunnie». Altrettanto arrabbiato è Flavio Cattaneo: «L'illazione di una mia autocandidatura o mie azioni per andare in Finmeccanica è completamente falsa».
Eppure c'è un antagonista di Lasco, che è Marco Milanese, proconsole di Tremonti e anch'egli ex ufficiale della Finanza, che ne sa tante. «Lasco - racconta ai pm - era diventato amico di Cattaneo perché da giovane era stato inquilino della Ferilli. E mi resi conto che quest'uomo aveva assunto una posizione di potere sproporzionata rispetto al ruolo. Addirittura quando Paolo Berlusconi doveva chiedere un favore, si rivolgeva a Lasco. Poi ho capito che Lasco aveva relazioni molto strette con importanti esponenti istituzionali quali Adinolfi, la sua figlia da due mesi lavora in Terna... Lasco diceva in giro che "erano loro a comandare a Roma". Sono rimasto impressionato». Lasco avrebbe voluto far assumere in Terna un altro ufficiale della Gdf, suo carissimo amico. Milanese, che ha fatto salti mortali per stare accanto a Flavio Cattaneo nell'ultimo periodo (vedi le vacanze di Natale passate tutti assieme a New York, che lui spiega con l'amicizia tra la sua fidanzata Manuela Bravi e la Ferilli: quelle vacanze furono pagate da un imprenditore, e questa è la storiaccia del deputato vicino a Tremonti), racconta: «Ricordo di averne parlato con Cattaneo, che potrà dunque confermarvi questa circostanza, sconsigliandogli di prendere un altro finanziere in Terna e ciò dal momento che, come ribadii io stesso al Cattaneo, già da solo Lasco faceva abbastanza danni... Non so il motivo per il quale Cattaneo continui a tenersi il Lasco in
Terna... e anzi sembra che acquisti sempre più potere. Posso dire che il Lasco si muoveva e si muove come se fosse lui il leader di Terna». Aggiunge anche un particolare inquietante. C'è un imprenditore, Matacena, che ha parlato molto con magistrati. Dopo di che «era stato avvicinato da Lasco il quale lo aveva praticamente minacciato dicendogli "i magistrati e le loro inchieste sarebbero passati, ma i generali della Finanza e in particolare l'Adinolfi sarebbero rimasti". Quel gruppo di soggetti faceva discorsi da far paura, di voler annientare chiunque si fosse posto sul loro cammino».
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