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Un broker di Wall Street che non guadagna almeno 900 mila dollari al terzo anno di attività è considerato poco più di un fallito. I migliori triplicano questa cifra. Ma nessuno riuscirebbe a raggiungere i livelli del «Lupo»: 25 milioni ogni sei mesi. Ecco quanto intascava Jordan Belfort, grazie alla sua società di brokeraggio Stratton Oakmont, una delle più spericolate nella storia americana.
Belfort trattava azioni a microcapitalizzazione da 5 dollari, un prodotto finanziario di solito ceduto a investitori poco esperti, in grado di speculare al massimo con qualche migliaio di dollari. L'idea del Lupo era la vendita organizzata di queste azioni a investitori ricchi, muovendo cifre a sei zeri. L'affare ha funzionato e, a 26 anni, lo ha fatto decollare nell'olimpo dei «padroni dell'universo», tra droghe di ogni genere, orge ed eccessi. Almeno fino a quando l'Fbi non ha interrotto la festa.
Frode, riciclaggio di denaro, evasione fiscale, insider trading... Belfort ha collaborato con le autorità e se l'è cavata con 22 mesi di detenzione. Oggi, a 45 anni, pubblica la sua autobiografia: Il lupo di Wall Street (Rizzoli), l'ascesa e la caduta di un avventuriero geniale e corrotto.
Con Panorama Belfort scopre (forse ancora con qualche eccesso) gli assi nascosti. A ominciare dal trucco che gli faceva guadagnare 50 milioni l'anno, il «buco nero». «Era un'espressione in codice della società Stratton e indicava un prestanome, che possedeva quote di azioni. In realtà, il loro uso era frequente a Wall Street, io li adpperavo solo con più sfacciataggine. Facevo salire le quotazioni attraverso la pressione dei miei broker alla Stratton. Poi dai miei buvhi neri vendevo ai clienti le azioni a prezzi massimi».
Il gioco riusciva anche perché il sistema finanziario non era ancora completamente automatizzato: «I controlli erano lenti e la Sec (la Consob statunitense, ndr) doveva inventare nuove leggi per fermarmi. Ma anche il sistema attuale ha i suoi punti deboli. La più grande truffa della finanza è cronaca recente ed è stata umbastita da un trader che sa usare molto bene il computer».
Il Lupo si riferisce a Jerome Kerviel, accusato di aver fatto sparire 4.9 miliardi di euro in transazioni fraudolente dalla banca francese Société Générale.
La banca ha insistito nel ritenere Kerviel l'unico responsabile. Un uomo solo e nessuno si è accorto di nulla?
«Una versione forse non impensabile, ma decisamente improbabile. Prima di tutto, quali sono le motivazioni di Kerviel? Lui ha dichiarato che voleva una promozione. Il denaro era l'unico scopo per agire da solo, ma i suoi guadagni rimanevano bassi anche se le transazioni illegali andavano a buon fine. Questo è il punto fondamentale: dove sono andati i soldi? O meglio, chi li ha presi? Ci deve essere qualcun altro, che reggeva i fili e che ha provveduto a "volatilizzare" il malloppo su un conto bancario. Magari all'estero.»
In Liechtenstein? È ancora un posto sicuro dopo che un ex impiegato della banca Lgt di Vaduz ha fornito ai servizi segreti una lista di correntisti?
«Io ho riciclato i miei milioni in Svizzera. Ma il mio contatto a Zurigo mi aveva caldamente raccomandato le banche del Lussemburgo e del Liechtenstein. "Ogni paese ha le sue leggi" mi disse, "ciò che ha rilevanza penale in Svizzera potrebbe essere del tutto legale in Liechtenstein.»
In questo periodo opera in borsa?
«Preferisco aspettare che il mercato vada ancora giù. Quando ha toccato il fondo è il momento di speculare. Ma questo è un gioco da broker. Chi sta a casa a guardare la Cnbc (rete specializzata in finanza, ndr) fa bene a comprare azioni solide. E a tenersele in attesa che passi la tempesta.»
Il suo primo giorno da broker?
«Avevo 24 anni ed ero nella sala operativa della Lf Rothschild. Un broker anziano mi consigliò di andare in bagno a masturbarmi nelle pause per scaricare la tensione. Poi mi offrì il pranzo: ho mangiato solo io, liu beveva Martini. Infine ha tirato fuori la cocaina: "Il vero biglietto d'ingresso per Wall Street" sentenziò. Insieme alle prostitute, aggiungo io.»
La sua giornata di lavoro tipo?
«Dalle 8 del mattino lettura del Wall Street Journal. Alle 9 e mezzo si aprono le contrattazioni, la sala operativa esplode in un unico ruggito: tutti vanno avanti e indietro, con le maniche arrotolate, gesticolano e gridano al telefono. Lasciare la scrivania per il pranzo non è ben visto, pochi lo fanno. Dalle 4 del pomeriggio, con il mercato chiuso, ognuno calcola gli affari e la commissione giornaliera. Infine si fa festa. Per quel che mi rugardava, cene da 5 mila dollari, limousine, prostitute, droghe.»
Lei scrive di aver tradito la sua seconda moglie con oltre mille prostitute. Non esagera?
«Alla Stratton un piano ospitava la nostra allegata squadra di prostitute. Le classificavo come titoli sul mercato azionario. Le blue chip erano le migliori: modelle o studentesse che dovevano pagarsi le tasse scolastiche e gli abiti firmati, per qualche migliiaio di dollari facevano quasi tutto l'immaginabile, con te o fra loro. Le nasdaq costavano fra i 300 e i 500 dollari e ti obbligavano a mettere il preservativo se non pagavi un extra. Le pink sheet andavano dai 100 dollari in giù. Su questo campo mi battono solo Mick Jagger, Charlie Sheen ed Elliot Spitzer, l'ex governatore di New York.»
Le cose più folli della sua vita?
«Per esempio intestare alla zia della mia seconda moglie i conti bancari in Svizzera per il riciclaggio dei soldi. O mandare mia suocera a Zurigo con 700 mila dollari impacchettati sotto i vestiti. Ma forse la cosa più incredibile è un'idea del mio vice alla Stratton: la prima gara di lancio del nano a Long Island.»
Scusi?
«Un pomeriggio per alzare il morale del gruppo. Pagare 5 mila dollari un nano che doveva essere lanciato come una palla dai miei broker. Non era complicato: bastava stendere tappeti da wrestling nella parte anteriore della sala, dipingere un bersaglio e metterci un po' di velcro così il nano rimaneva attaccato.»
Il capriccio più stravagante?
«Ho speso 350 mila dollari per trasformare un'Aston Martin Virage nell'auto di James Bond. Con gadget come il dispositivo per rilasciare chiodi e olio sull'asfalto, un radar, un disturbatore di frequenze radio, i tubi di lancio per i proiettili di gas lacrimogeni, la targa girevole, le luci accecanti... Il bello è che ha mai funzionato. La batteria non reggeva così tanti meccanismi. Dopo neanche 2 chilometri l'auto si spegneva e dovevo chiamare il meccanico.»
Quantoi soldi ha restituito alla gente che ha truffato?
«Circa 650 mila dollari, che è la metà di quanto ho ricavato dalle vendite del libro. Come ha deciso il tribunale, continuerò a dare la metà dei miei guadagni fino a risarcire l'intera cifra: 110 milioni di dollari.»
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di Angelo Sica
da Panorama (03 aprile 08)
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