Galleggianti, esagonali o gonfiabili: ecco i progetti finalisti. Due italiani premiati in una top ten onoraria
NEW YORK – Edifici galleggianti, rifugi impermeabili esagonali, container a pareti gonfiabili, avveniristiche palafitte a prova d’intemperie. Sono alcuni dei dieci progetti vincitori di «What If New York City», un concorso indetto dall’Office of Emergency Management (OEM) e dal sindaco di New York Michael Bloomberg con l’obbiettivo di realizzare «la casa post-disastro ideale del futuro». Lanciata lo scorso settembre, la gara invitava i partecipanti a «creare soluzioni urbanistiche innovative e temporanee per 38 mila famiglie newyorchesi, che, in un futuro non lontano, potrebbero ritrovarsi homeless in seguito a un evento catastrofico quale un uragano, un terremoto o un tornado».
BOOM DI PROGETTI GRIFFATI - La risposta all’iniziativa è stata straordinaria. Abbiamo ricevuto 117 progetti provenienti da 30 paesi, spiega Bloomberg, «firmati da architetti, industrial designer, ingegneri, inventori e studenti». Tra i 10 finalisti, che riceveranno 10mila dollari ciascuno dalla Rockefeller Foundation, c’è uno studio danese, uno canadese e uno portoghese. Gli unici italiani premiati, tra i 10 che hanno partecipato, sono Federico Celoni e Stefano Landi di Viterbo, il cui progetto – un'audace costruzione stile alveare - è stato selezionato in una «top ten» alternativa ed «onoraria» dove i vincitori hanno portato a casa 500 dollari ciascuno.
Ma anche tra i perdenti vi sono progetti interessanti e creativi. Come «Cloud City», di Ostap Rudakevych: una città tra le nuvole che permetterebbe ai newyorchesi di vivere in case-mongolfiera sospese sopra i loro quartieri devastati. Quale marcia in più hanno i vincitori? «Sono riusciti a calibrare poesia e pragmatismo», risponde il sindaco Bloomberg. La giuria ha scelto i vincitori in base alla capienza delle case progettate e del tempo necessario per assemblarle, tenendo conto anche di fattori-chiave quali accessibilità, vivibilità, impatto ecologico e costo.
L’iniziativa newyorchese è fino a oggi senza precedenti. «Siamo l’unica grande metropoli al mondo che sta cercando di affrontare l’emergenza prima che verifichi», dice Bloomberg. Ma secondo gli addetti ai lavori le altre grandi città – da Tokio a Londra e da Roma a Parigi - dovrebbero seguirne l’esempio. «I cambiamenti climatici provocati dall’effetto serra causeranno inondazioni, uragani e frane che lasceranno milioni di persone senza tetto, uccidendone altrettante», mette in guardia Maria Blair della Rockefeller Foundation, «correre ai ripari è una responsabilità non solo del settore pubblico, ma anche di quello privato». Anche perché dopo Katrina, come ha ricordato Bloomberg, «nessuno si fida più della risposta del governo federale».
Alessandra Farkas
corriere
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