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6 feb 2017

Branson salta sul nuovo supersonico: da Londra a New York in 3 ore e 15′

Si chiama Boom Technology, come il botto che un aereo produce passando quello che un tempo veniva definito il ‘muro del suono’. È il nome di una startup di Denver, in Colorado – nella quale sembra avere uno zampino l’avventuroso Richard Branson – il cui progetto è di restituire ai cieli il trasporto supersonico, dopo che il Concorde li ha lasciati il 25 luglio del 2000 in seguito al tragico incidente che ne ha interrotto la carriera.

Il nuovo aereo supersonico volerà a 2.335 km/h e collegherà Londra a New York in 3 ore e 15 minuti
Ammesso e non concesso che questa sia la volta buona saranno sempre passati più di vent’anni quando si potrà ancora andare da New York a Londra in 3 ore e 15 minuti volando a 2.335 km/h. Per ora, la storia di un ipotetico erede del Concorde è stata quella di qualche progetto abbandonato in una nicchia poco frequentata della ricerca aeronautica. Sembra che il collo di bottiglia dei vari tentativi sia principalmente la mancanza di un motore adatto. Non ci sono oggi motori civili in grado di soffiare aria alla velocità che un supersonico richiede. I motori militari, che invece lo sanno fare, mancano di affidabilità: cioè non sono obbligati a passare attraverso il minuzioso processo di certificazione di tutte le componenti che è obbligatorio nell’aviazione civile. Per la FAA americana e le altre autorità aeronautiche civili nel mondo è come se non esistessero.
Richard Branson in posa davanti a un Boeing 747 della Virgin Atlantic. Ben Stansall Getty Images
Quali siano gli assi nella manica di Richard Branson e dei suoi amici di Denver non si sa. Si sa che devono essere molti per superare la lunga lista di problemi tecnici da risolvere. Per ora Virgin Atlantic ha prenotato i primi dieci esemplari di serie del nuovo Boom SST (Super Sonic Transport) – a 200 milioni di dollari l’uno – e Virgin Galactic presterà assistenza tecnica nelle fasi di collaudo. Un “dimostratore” – il Baby Boom – un terzo delle misure dell’aereo definitivo che dovrebbe volare nel 2017, è stato mostrato in mock up – in simulacro – alla stampa specializzata lo scorso novembre.
Boom Technology
Motori a parte, la tecnologia a disposizione oggi – soprattutto i compositi a fibra di carbonio – consente ormai di produrre e operare economicamente un aereo supersonico a patto che sia di dimensioni contenute. Il Boom SST porterà 45 passeggeri soltanto, numero equivalente, è stato sottolineato, a quello dei passeggeri in business class di un volo transatlantico normale. A cinquemila dollari per andata e ritorno, come l’azienda promette – e non ventimila come ai tempi del Concorde – si potrà traversare l’Atlantico, concludere la riunione e tornare a dormire nel proprio letto evitando pernottamento in albergo e jet lag. E cinquemila dollari sono il prezzo di un biglietto di andata e ritorno in business oggi.
Europa e USA non consentono per ora il volo supersonico sulla terraferma. Solo i più vecchi di noi ricordano gli occasionali ‘bang’ che si potevano sentire di tanto in tanto ai tempi della Guerra fredda, quando un pilota di caccia un po’ distratto lasciava prendere velocità alla sua monta. Il Boom dovrà pertanto volare supersonico solo sul mare, il che ne restringerà l’impiego – com’era a suo tempo per il Concorde – lasciando tuttavia aperte molte rotte interessanti. Si pensi al Pacifico: Tokyo-San Francisco, Sydney-Los Angeles. L’autonomia del progetto è tuttavia limitata a 4.500 miglia nautiche, sufficienti per Tokyo-Singapore o Singapore-Sydney ma non per le altre due citate tratte. Ai tempi del Concorde i passeggeri usufruivano di un percorso dedicato negli aeroporti di partenza e di arrivo il che consentiva loro di non vanificare in attese e code il vantaggio di un minor tempo di volo acquisito con il biglietto. È chiaro che una politica di qualche privilegio dovrebbe accompagnare il progetto se si vuole che questo abbia il successo commerciale che si propone.
Il programma di Boom è anche assistito da un selezionato gruppo di persone, ormai non più giovanissime, coinvolte a suo tempo nel programma Concorde. Abbiamo chiesto a uno di loro, il comandante John Hutchinson – quindici anni ai comandi del Concorde – di raccontarci la sensazione di volare supersonici a quell’altezza: “È impossibile trasmettere in parole la sensazione del volo supersonico ma ci proverò. In crociera, a 50.000 piedi (16.400 metri) su fino al limite di 60.000 piedi (19.700 metri), si era al di sopra di tutte le jet streams (correnti turbolente) e dei temporali. In quell’ambiente calmo e tranquillo al bordo dello spazio non si aveva impressione di velocità. Ci si sentiva come appesi nello spazio aspettando che Madre Terra si girasse e che la destinazione comparisse di sotto. La curvatura della terra era chiaramente visibile a quelle altezze e il colore del cielo era di un profondo blu notte. Solo quando si sorvolava un aereo subsonico, 20.000 piedi più in basso, si aveva una sensazione di velocità: il subsonico appariva come se stesse andando all’indietro mentre il Concorde lo superava volando circa milletrecento chilometri all’ora più veloce!’
Torneremo a provare queste sensazioni? La certificazione entro il 2023, come indicato dal CEO dell’azienda Blake Scholl, non appare realistica a meno di trovare in tempo il partner, fra chi produce motori, che sia disposto a sviluppare in parallelo il propulsore adatto. Questa incertezza è indirettamente confermata dalla prudenza di Branson. Comperare i primi dieci esemplari di serie non è un gran rischio quando si sa che il prototipo si è comportato bene. Anzi, il rischio potrebbe essere quello di non averne ordinati abbastanza.

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