14 lug 2011
«Soffiata» a Mediolanum Aperta una nuova inchiesta
L'ex ufficiale Lasco minacciò un imprenditore dicendogli che le inchieste passano ma i generali della Finanza no
Il generale Michele Adinolfi (Imagoeconomica)
ROMA - Ci sono accertamenti paralleli a Napoli e Milano che tengono in nuova fibrillazione i vertici della Guardia di Finanza. Mentre i pubblici ministeri che lavorano sulla cosiddetta P4 individuano almeno altri due ufficiali che avrebbero «soffiato» notizie sulle indagini in corso, nel capoluogo lombardo si cerca di scoprire se davvero agli inizi di quest'anno il capo di Stato maggiore Michele Adinolfi - già indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento nei confronti dell'uomo d'affari Luigi Bisignani - abbia avvisato i responsabili di Mediolanum che stava per essere eseguita una verifica fiscale. Agli atti è stata allegata un'informativa del comandante della Polizia Tributaria del capoluogo lombardo Vincenzo Tomei che dà conto del ritrovamento di un biglietto con riferimenti all'ispezione imminente. Sono le rivelazioni di Marco Milanese - l'ex finanziere poi eletto nel Pdl diventato il braccio destro del ministro Giulio Tremonti e ora accusato di associazione a delinquere e corruzione - ad aver attivato i controlli. Il resto lo hanno fatto gli altri generali interrogati dai pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio, che si sono trasformati in testimoni d'accusa nei confronti dei colleghi. Una guerra fra «cordate» che rende il clima avvelenato, tanto da convincere il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore a diramare un comunicato «per ribadire ancora una volta che il ministro Giulio Tremonti non risulta assolutamente iscritto nel registro degli indagati di questo ufficio e che debba essere ascoltato come persona informata sui fatti nei prossimi giorni».
Non è un mistero che in queste ore al Comando generale si sia valutata l'opportunità di chiedere proprio ad Adinolfi di fare un passo indietro. Il generale ha ribadito più volte di non aver mai avvisato «né Bisignani, né chiunque altro su iniziative giudiziarie», ma adesso sono soprattutto le sue frequentazioni, le raccomandazioni che avrebbe chiesto per la figlia e soprattutto lo scontro con Tremonti, a suscitare imbarazzo. Milanese lo ha accusato di aver «ordito un piano contro il ministro» e lo stesso Tremonti, di fronte ai magistrati, lo ha confermato.
«Sono totalmente estraneo a questo fango», dichiara Adinolfi, ma nei prossimi giorni - appena il consiglio dei ministri approverà la delibera con la sua promozione a generale di corpo d'armata che dovrà essere poi firmata dal capo dello Stato - lascerà comunque l'incarico. Una soluzione che però non appare sufficiente a placare la guerra interna visto quanto è già emerso dagli atti processuali. Ma soprattutto quanto potrà ancora accadere.
L'attenzione dei magistrati appare concentrata sul ruolo di Giuseppe Lasco, l'ex finanziere ora capo della sicurezza di Terna, l'azienda proprietaria della rete elettrica guidata da Flavio Cattaneo. Legatissimo ad Adinolfi, è accusato da Milanese, ma anche dal capo delle relazioni esterne di Finmeccanica Lorenzo Borgogni, di aver utilizzato a fini illeciti informazioni riservate sulle indagini in corso. Racconta Milanese nell'interrogatorio del 17 maggio scorso: «Ho appreso dalla mia compagna Manuela Bravi e da Roberto Mazzei (presidente del Poligrafico ndr ) che a Napoli c'era un capitano della Guardia di Finanza "persona di Lasco". Ricordo anche di aver sentito da Lasco, o forse da qualcun'altro nel corso di una cena, che c'era un maggiore della Guardia di Finanza, persona del Lasco, che Lasco stesso voleva con sé in Terna come suo vice. Ricordo anche di averne parlato con Cattaneo - che potrà dunque confermarvi questa circostanza - sconsigliandogli di prendere un altro finanziere in Terna e ciò dal momento che - come ribadii io stesso a Cattaneo - già da solo Lasco faceva abbastanza danni. Cattaneo mi disse che non avrebbe preso nessun finanziere e vi potrà confermare anche tale circostanza».
Milanese indica uno dei nomi, coperto da omissis negli atti, e gli accertamenti già svolti avrebbero consentito di individuare anche l'altro investigatore. I magistrati dovranno adesso valutare la posizione di entrambi, soprattutto tenendo conto degli altri elementi forniti da Milanese. «Desidero aggiungere - ha verbalizzato il parlamentare - che anche l'imprenditore Matacena ha avuto occasione di dirmi di avere paura del gruppo formato da Adinolfi, Lasco, Fischetti ed altri: al riguardo il Matacena mi disse che - dopo che si era saputo che era stato sentito da voi - era stato avvicinato dal Lasco il quale lo aveva praticamente minacciato dicendogli di stare attento in quanto "i magistrati e le loro inchieste sarebbero passati ma i generali della GdF e in particolare Adinolfi sarebbero rimasti, e lui era pur sempre un imprenditore"». Affermazioni che Lasco definisce «una carrellata di calunnie che saranno smentite in sede giudiziaria», mentre Terna dirama una nota per «ribadire di aver sempre operato nel rispetto delle norme».
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