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2 mar 2011

Libia, Maroni: "Duecentomila in fuga Rischio infiltrazioni di Al Qaeda"

Il ministro dell'Interno riferisce alle Commissioni Affari costituzioni ed esteri: "Temiamo una situazione simile a Somalia o Afghanistan. Ci stiamo preparando a impatto senza precedenti su nostre coste". Pronti 5 mln di euro per missione umanitaria in Tunisia

ROMA - Nell'attuale situazione di instabilità della Libia è "grave e reale" il rischio di "infiltrazioni terroristiche: l'intelligence italiana ha rivelato legami tra al Qaeda e il Maghreb islamico per fare proselitismo". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni riferendo sulla situazione nel Mediterraneo alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Affari esteri. "C'è preoccupazione", ha spiegato Maroni, "che quanto sta avvenendo possa portare a una situazione di governo della Libia molto più simile all'Afghanistan e alla Somalia rispetto a un Paese amico dell'Italia, dell'Europa e dell'Occidente". E ha ammonito: "Non basta minacciare sanzioni come ha fatto l'Europa, altrimenti l'immagine che si dà è che l'Europa sia il nemico".


"Sulle nostre coste potrebbe esserci impatto senza precedenti". Il ministro dell'Interno torna poi a configurare scenari apocalittici per il nostro Paese. "Stimiamo che in Libia ci siano circa 1,5 milioni di clandestini, entrati dai confini a sud, dal deserto. Mi aspetto che non appena la situazione lo consentirà questi riprenderanno la direzione nord verso l'Europa: sarebbe lo scenario peggiore possibile, che prevede movimenti di forse 200.000 persone in fuga". "Noi ci stiamo preparando a subire il rischio di un impatto senza precedenti sulle nostre coste. Dei giovani tunisini arrivati in questi settimane, 2.000 circa hanno fatto domanda di protezione e meno di 400 di 
questi hanno chiesto asilo politico - ha spiegato il ministro -. Dalle interviste fatte, ha sottolineato il ministro, "risulta che quasi tutti hanno dichiarato di voler andare in altri Paesi europei, specie in Francia e Germania". "Ci stiamo attrezzando per gestire una situazione che potrebbe essere simile a quella della Germania dopo la caduta del muro di Berlino. Abbiamo quindi avviato con le prefetture - ha spigato Maroni - un monitoraggio di tutti i siti che potrebbero accogliere i profughi.

Situazione difficile per società italiane. Per quanto riguarda la situazione delle società italiane, Maroni ha detto che è sotto controllo: "Nella zona ovest della Libia non ci risultano particolari problemi per le società italiane, mentre nell'est c'è qualche problema e la situazione è seguita attentamente", ha spiegato.

Partecipazioni azionarie: "Non credo governo pensi a blocco". Maroni ha anche affrontato il discorso relativo alle partecipazioni azionarie. Quelle libiche in Italia ''sono principalmente partecipazioni azionarie. Ne abbiamo parlato anche ieri sera; non penso che il Governo possa intervenire a bloccare partecipazioni azionarie. So che ci sono valutazioni in corso e altri Paesi hanno preso iniziative di congelamenti, ma qui si tratta di partecipazioni azionarie, non di conti correnti, e penso la Consob debba dire la sua in merito'', ha spiegato il ministro dell'Interno.

Il trattato tra Libia e Italia. Il ministro dell'Interno ha parlato del trattato di amizia tra il nostro Paese e la Libia, spiegando che ''è stato approvato con una legge e non so chi è in grado di revocarlo: forse il parlamento o il presidente della Repubblica devono intervenire''. ''A me - ha sottolineato Maroni - interessa l'altro trattato, quello siglato dall'ex ministro dell'Interno Amato che ora è inapplicato perché le autorità libiche non fanno quello che era previsto dovessero fare''.

"Non contrario ad accogliere eritrei". "Non sono contrario al trasferimento in Italia di profughi eritrei presenti in Libia chiesto dal Cir - ha continuato Roberto Maroni - Stiamo valutando  le condizioni di sicurezza degli eritrei: se non dovessero essere garantite io non ho obiezioni a farli venire in Italia".

Il rimpatrio di cittadini cinesi. La Cina ha chiesto all'Italia di occuparsi del rimpatrio di 6.000 cittadini cinesi presenti in Libia. "Io - ha spiegato il ministro - non ho obiezioni, ma serve un piano per i rimpatri gestito dalle autorità cinesi. Non appena ci sarà questo piano - ha aggiunto - procederemo all'evacuazione".

Con accordo attuale, tre anni per rimpatriare tunisini. Il ministro ha anche affrontato il problema del rimpatrio dei tunisini: "L'accordo con la Tunisia prevede il rimpatrio, ma le autorità di Tunisi accettano di accogliere solo quattro connazionali al giorno - ha spiegato Maroni -. Se si considera che in queste settimane sono arrivati circa 6 mila tunisini - ha sottolineato il ministro - con questo ritmo ci vorrebbero tre anni per rimpatriarli tutti. Noi stiamo quindi - ha aggiunto - negoziando per avere la possibilità di rimpatri più numerosi, che sarebbero un segnale importante anche verso i tunisini che hanno intenzione di partire".

Pronti cinque milioni di euro per missione umanitaria. È pronta una dotazione di cinque milioni di euro per la missione umanitaria che l'Italia organizzerà in Tunisia.  Anche le Regioni, ha aggiunto Maroni, ''sono pronte a partecipare dal punto di vista degli aiuti finanziari''.

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