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20 feb 2011

Il pentito che uccise Tommasino "Uno Swatch 007 il simbolo dei killer"

Le rivlezioni di un collaboratore di giustizia agli inquirenti


Racconta il pentito Raffaele Polito che Vincenzo D'Alessandro, ultimo esponente di rango della famiglia malavitosa di Castellammare di Stabia, chiedeva ai componenti del gruppo di fuoco dell'organizzazione di «avere la forza di un pugno». Cinque persone strette come le dita di una mano, dunque. 

La camorra sui parcheggi

Gli «uomini d'azione del clan», prosegue il collaboratore di giustizia, si distinguevano da un particolare: orologio da polso (Swatch 007) regalato personalmente dal boss. Particolare riferito da un altro collaboratore di giustizia, Vincenzo Polito, che ai magistrati ha detto: «Enzuccio mi regalò l'orologio dicendomi che chi lo indossava era un killer». Il 24 settembre 2009 Raffaele Polito è stato condannato a 10 anni di reclusione con le attenuanti previste per i pentiti, come uno degli esecutori dell'omicidio del consigliere comunale del Pd Luigi Tommasino, assassinato il 3 febbraio di quell'anno. Un'azione criminale portata a termine con precisione chirurgica, esplodendo 14 colpi di pistola all'indirizzo della vittima mentre si trovava in auto con il figlio, rimasto illeso. La condanna di Polito, già passata in giudicato, rappresenta la prima e sin qui unica certezza giudiziaria sulla vicenda.

L'8 marzo riprende in Corte d'Assise il processo-bis, dove sono imputati Catello Romano, il ventenne risultato iscritto al Pd che due giorni dopo aver confessato la partecipazione al delitto evase dalla località protetta, Renato Cavaliere e Salvatore Belviso. Sono questi i nomi finiti nelle maglie dell'inchiesta condotta dalla squadra mobile diretta dal vice questore Vittorio Pisani e coordinata dai pm del pool anticamorra Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa con il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo. 

Nella sentenza di condanna di Polito, il giudice supera i dubbi legati alle diverse versioni fornite dal pentito fra il primo interrogatorio, nel quale pur confessando la propria partecipazione al delitto aveva provato a ridimensionare la reponsabilità di Cavaliere e ad escludere quella di Belviso. Il collaboratore, è il ragionamento del giudice, era preoccupato per i propri familiari e avrebbe abbandonato ogni remora sei giorni dopo aver ricevuto una telefonata del clan che lo invitava «a farsi passare per malato di mente» aggiungendo che tanto Catello Romano aveva «detto cose diverse dalle sue». Telefonata che per il giudice costituisce «un errore da parte della criminalità perché Polito apprende che non è più solo, ma c'è anche Romano (anche se poi ritratterà n.d.r.) e quindi può dire tutto quello che sa».

Il vero nodo però riguarda il movente, individuato anche grazie alle intercettazioni in una somma di circa 30 mila euro che il clan, non è chiaro a quale titolo, avrebbe reclamato da Tommasino. In due anni di indagini, gli inquirenti hanno provato a ricostruire ogni aspetto dello scenario non solo politico ma anche affaristico nel quale si muoveva la vittima. Sono stati sentiti in Procura alleati e avversari politici e avviati grappoli di accertamenti investigativi. Proprio indagando sulle attività dell'esponente del Pd è emersa la storia dell'intervento richiesto a Tommasino dall'imprenditrice Olga Acanfora, all'epoca vicepresidente dell'Unione industriali di Napoli, per ottenere la sensibile riduzione della parcella richiesta da un professionista. Mediazione che il consigliere comunale avrebbe portato avanti coinvolgendo la camorra. Per questo episodio, dal 29 luglio scorso, Acanfora è in cella con l'accusa di estorsione aggravata. Il suo difensore, l'avvocato Bruno Von Arx, ha presentato nei giorni scorsi appello al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione dell'indagata. Secondo la difesa, non sussiste alcuna estorsione ma si può, al massimo, ipotizzare il più lieve reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. 

Eppure anche l'arresto di un'imprenditrice conosciuta da tutti non solo a Castellammare sembra aver lasciato quasi indifferente la città che aveva rapidamente accantonato anche lo scalpore per il delitto Tommasino. Un silenzio scosso solo dai sarcastici manifesti di "auguri" che da due anni, ogni Capodanno, vengono affissi nelle strade da Libera Vingiani, la vedova di Tommasino. Frasi polemiche e stilettate che tutti leggono. E poi, rapidamente, archiviano.

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