nelle rivelazioni di Wikileaks:
«Karzai è incapace e insicuro»
NEW YORK
L`Afghanistan: il regno della corruzione. Un paese ingovernabile dove il raggiro, la truffa, l`appropriamento indebito sono la norma. Dove «l`uomo onesto è una sorta di alieno». Così scrive il New York Times descrivendo il quadro che emerge dagli ultimi documenti messi in rete da WikiLeaks: decine di dispacci inviati a Washington dall`ambasciata americana a Kabul e ottenuti dal sito di Julian Assange. I diplomatici americani, passando in rassegna lo scorso gennaio gli uomini del governo Karzai, si accorgono che l`unico «su cui è accertato che non pendano accuse di corruzione è il ministro dell`agricoltura Asif Rahimi».
Il quadro, per quanto drammatico, non è certo una sorpresa: l`Afghanistan, secondo Transparency International, è il terzo paese più corrotto della Terra, dietro Somalia e Myanmar (Birmania). Ma i cablogrammi di WikiLeaks rivelano in tutta la sua pienezza la difficoltà della missione Nato: stabilizzare un paese dove la corruzione, alimentata dai soldi del narcotraffico, parte proprio dagli uomini che stanno al governo. Nell`agosto del 2009, l`ambasciatore americano a Kabul scrive a Washington che il presidente Hamid Karzai e il suo ministro della Giustizia «hanno consentito a individui pericolosi di andarsene liberamente o di tornare sul campo di battaglia senza dover affrontare il giudizio di un tribunale afgano».
L`ambasciata inoltre era «particolarmente allarmata» che Karzai avesse graziato 5 funzionari della dogana colti in flagrante con 124 chilogrammi di eroina nel corso di un`inchiesta sul traffico di droga in cui era coinvolto il figlio di un ricco sostenitore del presidente. Un altro caso emblematico è quello di Abdul Ahad Sahibi, sindaco di Kabul, condannato a 4 anni di galera per un «colossale appropriamento indebito» di terreni. La stampa ne aveva parlato come di una vittoria importante della legalità. Ma un messaggio segreto dell`ambasciata americana racconta un`altra storia: Sahibi è stato vittima di una sorta di giustizia boomerang: «accusato di corruzione per aver cercato di bloccare un meccanismo corrotto di concessioni di territoriali».
Il ritratto del presidente Hamid Karzai che affiora dal nuovo materiale messo in rete da WikiLeaks è brutale, schietto, spesso imbarazzante. Il ministro degli esteri dell`Oman dice di «aver perso fiducia in lui»; un diplomatico britannico esprime «profonda insoddisfazione»; secondo un funzionario australiano «Karzai ignora la realtà»; un diplomatico dell`Arabia Saudita sostiene che l`Afghanistan «sarebbe migliore senza di lui», mentre il segretario generale della Nato è convinto che «abbia una doppia personalità». Il ritratto del presidente afgano emerge da una serie di messaggi confidenziali dell`ambasciata americana a Kabul - inviati tra il 2004 e il 2009 - ottenuti da WikiLeaks, e distribuiti a una serie di quotidiani.
In questi dispacci è possibile seguire la parabole discendente di un politico, all`inizio motivato, appoggiato dall`occidente, la cui reputazione si è progressivamente deteriorata: ora, scrive il New York Times è «un uomo accerchiato dai nemici che spesso lascia perplessi, delude, e fa infuriare i suoi alleati». Eikenberry, l`ambasciatore Usa a Kabul, critica Karzai senza mezzi termini. E` l`aprile del 2009, e il diplomatico, ufficiale dell`esercito in pensione, non sembra più riporre molta fiducia nel presidente afgano. «La sua incapacità di afferrare i più elementari concetti di uno stato, la sua profonda e radicata insicurezza come leader vanificano i nostri migliori sforzi di cercare in lui un responsabile alleato».
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