ROMA - Il giorno dopo l'arresto del boss della camorra Antonio Iovine, per il governo è il momento dell'orgoglio con il ministro Maroni che adesso punta all'arresto di Messina Denaro e Zagaria. Orgoglio che non rinuncia a una vena polemica quando il guardasigilli Angelino Alfano mette in guardia: «Con la crisi di governo a rischio la lotta alle mafie».
Governo e lotta alla mafia
«Abbiamo arrestato 28 latitanti di massima pericolosità su 30 – snocciola il ministro dell'Interno Roberto Maroni in una conferenza stampa a Palazzo Chigi –. Restano liberi Denaro e Zagaria, ma il cerchio si sta stringendo». Il responsabile del Viminale sottolinea che complessivamente i mafiosi catturati sono 6.754. L'arresto di Iovine rappresenta, secondo Maroni, una conseguenza del cosiddetto «modello Caserta». «Questa - ha spiegato il ministro leghista - è l'antimafia dei fatti e dei successi a cui io e il ministro Alfano ci onoriamo di appartenere». E il ministro della Giustizia, da Napoli dove ha incontrato i poliziotti che hanno arrestato Iovine, gli ha fatto eco: «Questo governo si è qualificato sull'antimafia, con la grande lotta alle mafie, coronata da grandissimi risultati». «Non vorremmo - ha aggiunto il ministro della Giustizia - che la caduta di questo governo significasse anche l'interruzione di questo circuito magico di leggi contro le mafie». Sempre a proposito di criminalità, il ministro Maroni ha confermato che l'infiltrazione delle mafie nelle regioni del nord «è una realtà purtroppo evidente». Nessuna contrapposizione quindi con la relazione della Dia «perché quella relazione l'ho firmata io» taglia corto.
Le parole del boss
Intanto, dal carcere, parla proprio Antonio Iovine. Poche battute, quelle che sono trapelate. «Non sono il boss che racconta la tv» avrebbe detto. Iovine, che insieme a Michele Zagaria ha raccolto l'eredità di Francesco Schiavone detto Sandokan insediandosi al vertice del clan dei Casalesi, sembra insomma voler sostenere la propria estraneità alle numerose e pesanti accuse contestategli nel corso degli anni.
Il nuovo attacco di Saviano
E la polemica fra Roberto Saviano e il ministro dell'Interno sembra lungi dall'essersi placata. In un'intervista al numero dell'Espresso in edicola oggi lo scrittore di Gomorra (che diventerà una fiction su Sky con Saviano come supervisore) ha rilanciato le sue accuse: la 'ndrangheta al nord «cerca di interloquire con la Lega, ma le inchieste mostrano come in tutte le Regioni si stia manifestando un fenomeno molto più inquietante, quello sì che dovrebbe indignare il ministro dell'Interno: le mafie scommettono sul federalismo». Per Saviano amplificare i sequestri non basta: «Oggi il quadro generale è desolante – accusa –: si amplificano le retate e i sequestri di beni, presentandoli come la panacea contro la criminalità organizzata mentre non c'è nessuna strategia per contrastare il dilagare di questa nuova imprenditoria mafiosa, che investe i suoi capitali soprattutto al nord». Pronta la replica di Maroni: «Al Saviano che accusa la Lega di essere interlocutrice della 'ndrangheta preferisco quello che su Panorama ha scritto che io sono uno dei migliori ministri dell'Interno di sempre». E proprio l'inchiesta sulle infiltrazioni della 'ndrangheta al Nord è stata ieri al centro di un vertice tra il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone nel Palazzo di giustizia di Milano. La Procura milanese dovrebbe chiedere a breve il processo con rito immediato di circa 180 persone, non solo boss e affiliati delle cosche locali che volevano mettere le mani anche sull'Expo, ma anche imprenditori e personaggi legati al mondo della politica.
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