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8 nov 2010

Governo: addio patti, elezioni o governo di transizione




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ROMA (Reuters) - Sulla scena politica restano i cocci di una coalizione che già in estate era evidente che non c'era più. Le soluzioni si fanno sempre più difficili: la crisi politica pare avere come sbocco unicamente o la formazione di un governo di transizione o il ricorso anticipato alle elezioni da tenersi nei primi mesi dell'anno prossimo.

Ieri Gianfranco Fini, alle assise di Perugia del Fli, ha annunciato che Silvio Berlusconi si deve dimettere e dare l'avvio ad un nuovo esecutivo, allargando la compagine di governo all'Udc. Silvio Berlusconi ha risposto, secondo quanto riportato da ambienti a lui vicini, che Fini - se vorrà la crisi - dovrà aprirla in Parlamento. Ma già a Perugia il presidente della Camera ha commentato che se Berlusconi non si dimette i membri futuristi del governo (il ministro Andrea Ronchi, il viceministro Adolfo Urso ed un paio di sottosegretari) si dimetteranno.

La giornata politica di ieri ha reso dunque impossibile quel patto di legislatura che Berlusconi aveva nuovamente chiesto giovedì scorso a Fini. Poiché il leader del Fli ha chiamato a sé anche l'Udc di Pier Ferdinando Casini appare sbarrata per Berlusconi la strada di sbarazzarsi di Fini dalla maggioranza imbarcando i centristi (soluzione del resto che appare indigesta anche alla Lega di Umberto Bossi).

I giornali di oggi interpretano la giornata di ieri come un redde rationem. Per il Messaggero "la crisi è al via" e Massimo Giannini su Repubblica scrive che "è arrivato il 25 aprile", si spinge a parlare di "fine del berlusconismo" seppure veda una situazione della quale "c'è poco da festeggiare".

Più cauto il Corriere della sera che già nell'editoriale di Pierluigi Battista si domanda: "E poi?" Ma è soprattutto Francesco Verderami che cerca di capire cosa potrà succedere ora. Prevede uno smottamento di parlamentari dal Pdl al Fli di Fini ed una prossima battaglia parlamentare sulla legge di Stabilità nella quale verrà inglobato anche il decreto per lo Sviluppo, rimandando di fatto a dicembre il vero momento di svolta della crisi.

Si tratta di vedere infatti come risponderanno Berlusconi e Bossi allo strappo di Fini ("la comica finale", come irrispettosamente lo chiama il Giornale). Berlusconi potrebbe in effetti cercare di invocare un accordo breve sulla legge di Stabilità rinviando poi a dicembre l'apertura della crisi, ma rischia di favorire così quello smottamento nei suoi gruppi parlamentari che rafforzerebbe Fini in campagna elettorale. Del resto affrontare la legge di Stabilità in Parlamento con questa situazione terremotata sottopone il documento alle imboscate ed al rischio di voti contro il governo, come è già successo la settimana scorsa in commissione Bilancio alla Camera.

Nelle prossime ore dunque è probabile che qualcosa succeda e che Berlusconi voglia obbligare Fini ad un voto esplicito contro l'esecutivo in Parlamento per addossargli in toto la responsabilità della crisi.

E' sul dopo che restano le incognite, anche perché il deteriorarsi della situazione politica sta facendo ogni giorno sempre nuovi cocci. Il Paese si sgretola, non solo metaforicamente, come hanno dimostrato il crollo della Casa dei gladiatori a Pompei e la disastrosa alluvione in Veneto. Ci vorrebbero soluzioni che nessuno ha in tasca, nemmeno la elezioni paiono risolutive. Persino Berlusconi teme che possano non dargli una maggioranza al Senato. Ma l'alternativa è un governo di grande coalizione che al momento appare molto difficile.

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