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25 nov 2010

Drastica cura dimagrante per le banche

Una partnership con le poste di Londra. O, se preferite, mutui in Lituania. È tutto for sale, o meglio in svendita al miglior offerente. Il cartello adorna le sedi delle banche irlandesi al centro della crisi del paese, i loro sportelli, portafogli prestiti, controllate estere e quant'altro. E rimarrà appeso durante e dopo l'arrivo di nuove iniezioni di capitale, grazie agli aiuti Ue-Fmi per forse 85 miliardi di euro a Dublino.
I soccorsi permetteranno di guadagnare tempo per reinventare il settore del credito, fino a renderlo irriconoscibile: ridimensionato a gruppi che, messi al bando disegni di espansione coltivati al prezzo dell'attuale collasso, si limitino a raccogliere depositi e servire l'economia locale. I piani di ricapitalizzazione dovrebbero vedere Bank of Ireland controllata all'80% dal governo (dal 36%) e Allied Irish Bank completamente nazionalizzata. Il governo ha anche fatto sapere che alzerà i requisiti di capitale Tier 1 delle banche al 12%, rendendoli più rigorosi di gran parte dei concorrenti. Reuters ha stimato che solo questa manovra, per le due banche e la Anglo-Irish già nazionalizzata nel 2009, richiederà oltri otto miliardi. I primi fondi freschi potrebbero arrivare in settimana.
La nazionalizzazione dovrebbe accelerare un processo di «pulizia» degli asset, poi di cessioni forzate di attività o fusioni tout-court. A esporre formalmente quel cartello sugli istituti - for sale - è stato fin dai giorni scorsi il governatore della Banca centrale di Dublino, Patrick Honohan: «Devono essere venduti» o comunque «snelliti». La Commissione Europea ha a sua volta promesso una «severa ristrutturazione».
Qualche potenziale compratore si è fatto avanti: il finanziere americano Wilbur Ross, specializzato nel rilevare società cadute, è tra i finalisti nei negoziati per l'acquisto d'un altro istituto, Ebs building society. Ma l'intera operazione non sarà indolore né facile. Dubbi persistono sugli appetiti della finanza per l'Irlanda e le sue banche. Il governo di Dublino aveva già offerto garanzie e iniettato decine di miliardi di euro a sostegno degli istituti. Anche una «bad bank» pubblica, la Nama creata per rilevare asset tossici, si è rivelata insufficiente. La spirale di crisi ha inoltre sollevato interrogativi sulla credibilità delle autorità internazionali e di norme vecchie e nuove, quali Basilea II e III, volte ad assicurare maggior solidità alle banche. Gli istituti irlandesi avevano superato solo pochi mesi or sono gli stress test europei.

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