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26 ott 2010

Il paracadute d'oro da 40 milioni per Alessandro Profumo non piace al Financial Times

Il "paracadute d'oro" di Alessandro Profumo non piace affatto al Financial Times. La buonuscita da 40 milioni di euro accordata dal Cda di Unicredit nel mandare via il suo amministratore delegato è un "nonsense", un'assurdità, un'insensatezza. E' quanto scrive sul Ft l'editorialista finanziario Patrick Jenkins in un commento in cui fa la morale al gruppo bancario italiano e invita le banche in generale a maggiore moderazione.

«Puro pragmatismo», scrive Jenkins, consiglierebbe che, in tempi di austerità di bilancio, i board delle banche moderassero le paghe, «se vogliono evitare che le banche e i loro dipendenti siano figure ancora più odiate di quanto già non siano». Jenkins si stupisce per l'assenza di indignazione per la buonuscita, «più generosa di ogni altra mai ricevuta da amministratori delegati di banche di dimensioni simili». Cosa ha fatto quest'uomo per meritarsi un benservito del genere? si domanda l'opinionista. A suo parere, essere pagati per la performance è una cosa, ma i "golden parachutes" possono solo essere un «nonsense».

La giustificazione di UniCredit viene smontata pezzo per pezzo.Il board di UniCredit dice che si tratta di un riconoscimento per quanto Profumo ha fatto nei 15 anni alla guida della banca per modernizzare il sistema bancario italiano, raggruppando una rete di banche regionali per formare un "campione nazionale" ed espandendo il gruppo con successo nell'Europa dell'Est. Ma Profumo, obietta Jenkins, era pagato 4,3 milioni di euro all'anno per fare questo lavoro. In secondo luogo, il board dice che aveva le mani legate perché una clausola del suo contratto prevedeva tre anni di retribuzione se fosse stato mandato via. Ma se il contratto prevedeva una clausola così generosa – scrive l'opinionista - perché il Cda l'ha approvata? C'è poi una terza "linea di difesa" che va al cuore «piuttosto infantile» della faccenda: Matteo Arpe, mandato via come ad di Capitalia quando UniCredit l'acquisì, ricevette una buonuscita di 30 milioni di euro e «certo non si può pensare di dare di meno a Profumo».

La somma, critica il Ft, è totalmente «fuori ordine» rispetto alla buonuscita di Ceo cacciati in altri paesi, perfino nel Regno Unito, che ha la fama di dare egregie ricompense. L'articolo cita due casi recenti: Michael Geoghegan, il Ceo uscente di Hsbc, riceverà 1,42 milioni di sterline, mentre Eric Daniels dei Lloyds' andrà via senza nessun pagamento specifico legato alla sua partenza. E, a differenza della banche britanniche, UniCredit «non ha fatto nessuna comunicazione pubblica sul golden parachute di Profumo», nonostante nella relazione annuale dichiari il suo impegno per la trasparenza. «Non ci può essere nessuna giustificazione per tale sfasatura», afferma Jenkins. E, per quanti meriti strategici abbia Profumo, UniCredit negli ultimi anni ha avuto una perfomance inferiore ai gruppi bancari suoi pari.
Il gruppo, ammette Jenkins, è scampato alla crisi finanziaria e ha continuato a generare profitti. Ma «la capitalizzazione di mercato – sottolinea il Ft - è oggi di gran lunga inferiore al valore contabile dei suoi asset. E' tra le più basse d'Europa, in gran parte grazie alla debolezza del patrimonio di base e alle prospettive anemiche di utili futuri».
Poiché nel board di Unicredit siedono i rappresentanti diretti dei grandi azionisti – continua Jenkins – si sarebbe potuto pensare che gli investitori avrebbero avuto più potere nel controllare gli eccessi. Infatti, «gli azionisti hanno il dovere - oltreché l'interesse - di sorvegliare» quanto viene pagato l'amministratore delegato. Invece, da più di un anno gran parte dei membri del board erano così scontenti di Profumo, che quando gli hanno chiesto di partire sono stati «fin troppo felici di ammorbidire il colpo» con una cospicua somma.

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