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8 mar 2010

8 marzo, la festa della donna


Giornata internazionale della donna: così un secolo non è passato invano
Le filosofe Luce Irigaray e Michela Marzano: c'è un serio pericolo di regressione
L'8 marzo compie cent'anni
Tra conquiste e nuovi rischi


Buon secolo, 8 marzo. Criticato, svalutato, comunque utile. Nel 1910, durante il congresso socialista di Copenaghen, venne deciso che sarebbe stata questa la giornata da dedicare alla festa della donna. Era l'inizio di un cammino che, in pochi decenni, ha portato l'altra metà del cielo a raggiungere traguardi impensabili fino ad allora. Cento anni fa le donne non votavano, non studiavano o lavoravano come gli uomini, non potevano scegliere liberamente quando sposarsi, fare figli, separarsi. Come ogni anniversario, anche questo porta con sé la voglia di fare bilanci, di misurare le conquiste di quella che, secondo lo storico Eric Hobsbawn, è stata l'unica, vera rivoluzione del secolo breve.

"Per fortuna ci sono i compleanni: danno voce a certe cose decisive per l'umanità, servono a fare il punto sul loro sviluppo" dice con una punta di ironia la filosofa Luce Irigaray. "Ma in queste occasioni si tende a guardare al passato mentre, sull'emancipazione delle donne, purtroppo molte cose sono ancora da coniugare al futuro". Anche la filosofa Michela Marzano, quarant'anni più giovane della sua celebre collega belga, pensa che si debba in qualche modo festeggiare. "Rispetto al 1910, la situazione è cambiata tantissimo, quindi è giusto celebrare i progressi ottenuti finora".

"The Female Factor" ha titolato l'International Herald Tribune sull'importanza del Fattore D nel ventunesimo secolo. Oggi, le donne vanno nello spazio o al governo, brevettano invenzioni scientifiche e dirigono multinazionali. Eppure, partendo da generazioni e punti di vista diversi, sia Irigaray che Marzano intravedono il rischio di tornare indietro. "Il fatto di ricordare come stavamo prima e come ci siamo ritrovate progressivamente - spiega Marzano - è anche un monito alle giovani generazioni per fare in modo che non ci sia una regressione". "Le giovani donne di oggi non si rendono conto del percorso compiuto - osserva Irigaray, storica del pensiero femminista - . Approfittano del cambiamento della condizione femminile senza realmente cercare di capire a quale generosità, fede e solidarietà delle donne sia dovuto".


Il femminismo non è mai stato una cosa sola. Spesso si è discusso anche su questa data simbolica, che secondo le ricerche di Tilde Capomazza e Marisa Ombra ("8 marzo, una storia lunga un secolo", editore Iacobelli) potrebbe essere antecedente o addirittura successiva al 1910. Comunque sia, sembra impossibile abbassare la guardia. "Non cantiamo vittoria" è l'invito di Marzano, che sta per pubblicare un libro proprio sulla condizione femminile in Italia. Molte conquiste risultano tali solo sulla carta. "La donna italiana è minacciata da nuove forme di sottomissione. È ancora difficile essere riconosciuta come persona a parte intera, uguale in termini di diritti, di capacità, di presenza femminile effettiva nella vita pubblica".

A lungo, Luce Irigaray si è confrontata a distanza con Simone de Beauvoir sulla "differenza femminile". È convinta che cercare il proprio spazio in un mondo maschile non sia abbastanza. "Occorre anche coltivare e sviluppare identità e soggettività al femminile, senza rinunciare a se stesse. I valori di cui le donne sono portatrici - aggiunge - non sono sufficientemente riconosciuti e apprezzati, anche dalle stesse donne. Però sono valori di cui il mondo oggi ha urgente bisogno, che si tratti di una maggiore cura della natura o di una capacità di entrare in relazione con l'altro".

Non c'è da stare tranquille, perché si assiste persino al ritorno di vecchi cliché. "Un secolo fa - ricorda Marzano - Freud notava che le donne erano separate in due categorie: spose legittime e prostitute. Da un lato, oggi, è di nuovo forte la funzione della donna come madre, dall'altro le donne che appaiono sulla scena pubblica sono piuttosto silenziose: per loro parla solo il corpo". Conservare la memoria di tante battaglie, intraprenderne di nuove. Irigaray, nata nel 1930, vorrebbe che proseguisse la lotta per quella che definisce una "genealogia culturale al femminile". Alle più giovani, affida qualche consiglio. "Le donne devono anzitutto imparare a situarsi rispetto agli uomini, senza sottomissione né opposizione. Ben venga il compleanno, allora, ma purché sia accompagnato da una spinta nuova, dall'invito a proseguire con decisione sulla via di una crescita". Auguri dunque, ma anche tanto lavoro da fare, ancora.

repubblica

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