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7 gen 2008

L'ultimo discorso a Las Vegas del signor Microsoft

Internet e tv, il testamento di Gates

NEW YORK - Se ne va con molti lividi — quelli procurati dalla rapidissima crescita dei rivali di Google e dalla rivincita della Apple di Steve Jobs — ma anche col petto pieno di medaglie. Ed è più simpatico, più umano dell'imprenditore imbattibile che dieci anni fa aveva fatto terra bruciata, trasformando l'informatica in un monopolio Microsoft.

Il «lungo addio» di Bill Gates alla sua creatura è iniziato ieri sera a Las Vegas quando l'imprenditore di Seattle ha tenuto per l'undicesima volta — l'ultima come capo di Microsoft — il discorso inaugurale del Ces, la fiera mondiale dell'elettronica di consumo.

Bill Gates (Epa)
Migliaia di persone si sono messe in fila con molte ore di anticipo davanti alla «ballroom» del «Venetian», gigantesco hotel-casinò della metropoli del Navada, per ascoltare ancora una volta gli scenari di questo leader carismatico e visionario. E, anche, per il suo commiato. Per anni l'imprenditore è stato l'anima del Ces, il salone che ha lanciato i videoregistratori VHS (1970) e le pile alkaline, i riproduttori «compact disc» (nel 1981) e, sei anni fa, la tv al plasma. Se tornerà l'anno prossimo, lo farà solo come ospite.

A giugno, come deciso già da due anni, Gates lascerà totalmente la gestione della società alla squadra che ha costruito in questi anni: l'amministratore delegato Steve Ballmer e i capi della ricerca, dei sistemi di software e dei prodotti per il mercato dell'entertainment, Mundie, Ozzie e Bach. Lui si dedicherà a tempo pieno alle attività filantropiche della sua fondazione. In Microsoft resterà solo come presidente non operativo (oltre che come azionista). Un modo per defilarsi in un momento difficile e andare a cercare gloria dove non deve vedersela con una concorrenza agguerrita, lo attaccano i suoi non pochi nemici. Ma lui, fino all'ultimo, ha continuato a sostenere che Microsoft gode di ottima salute, è piena di soldi, intelligenze e tecnologie promettenti e ha nuovi, straordinari prodotti in arrivo: dal «Surface », il tavolo la cui superficie è un sofisticato computer « touch screen » che può diventare una piattaforma-giochi per i clienti di un bar o l'archivio dal quale un medico tira fuori le cartelle cliniche dei suoi pazienti, al salotto di casa trasformato in «media center», senza più differenze tra tv e applicazioni video di Internet come YouTube. Anche ieri — nel discorso pronunciato nella notte a Las Vegas — Gates non ha rinunciato a fare il superpiazzista dei prodotti Microsoft. La sua reazione orgogliosa è più che giustificata: anche se per la prima volta incalzata — e qualche volta scavalcata — da rivali più giovani e dinamici, la Microsoft che Gates lascia ai suoi successori è straordinariamente solida: la società dal lui fondata 32 anni fa arrivò in Borsa (quella tecnologica, il Nasdaq) nel 1985, poco dopo il lancio del sistema Windows.

La società, allora valutata dal mercato 45 milioni di dollari, oggi capitalizza ben 375 miliardi (il fatturato, l'anno scorso, è stato di 54 miliardi). Man mano che si allontanano gli anni dei suoi «misfatti» — Netscape, che aveva creato il primo vero browser per navigare in rete sbattuta fuori dal mercato da Microsoft, grazie alla sua forza commerciale; il sistema operativo Macintosh di Apple, il gioiello di Steve Jobs, ridotto a vivacchiare in una nicchia del mercato dallo strapotere di Internet Explorer — l'immagine del Gates corsaro, del monopolista prepotente si fa sempre più appannata, rarefatta. Passa, invece, alla storia quella di un uomo che, comunque, ha cambiato il modo di comunicare degli uomini e la storia industriale del Ventesimo secolo. Se siamo entrati in un'era nuova è anche — e soprattutto — perché oggi ci sono nel mondo 500 milioni di computer che «girano» con i programmi messi sul mercato da Bill Gates. Alla fine gliene ha dato atto anche Jobs: suo nemico per una vita, il fondatore della Apple ha riconosciuto di recente che Gates mandava già avanti con successo una « software company » quando tutti gli altri stavano ancora cercando di capire se e come le applicazioni informatiche potessero diventare un'attività con un valore economico. Insomma, Gates si è guadagnato un posto sul monte Rushmore degli uomini che hanno fatto grande l'industria americana, se mai ne verrà scolpito uno. Ciò non toglie che gli ultimi anni, per lui, siano stati un calvario.

Il nuovo sistema operativo Vista è arrivato sul mercato in ritardo e con non pochi problemi; il lettore multimediale «Zune», per il quale Gates si è speso personalmente come uomo-marketing, è arrivato troppo tardi per scalfire il successo dell'iPod della Apple; la «playstation » XBOX-360 è stretta tra il successo di quella della Nintendo e l'analogo prodotto della Sony che dispone di una tecnologia già affermata dell'alta definizione delle immagini (Blueray). Solo ora Microsoft sta cercando di correre ai ripari creando un'alleanza con altri produttori giapponesi per la tecnologia alternativa HD. Ma i dolori principali vengono da Google che ha dimostrato una capacità diabolica di rivoluzionare in continuazione le regole del gioco e che — mettendo in rete programmi, come quelli «office», che possono essere scaricati gratis da chiunque — continua a erodere il mercato di Microsoft. La società di Gates non crollerà: il suo mercato è sterminato e i processi in atto sono lenti. Ma il futuro dell'informatica è sempre più nella rete e sempre meno nei singoli computer e nei relativi programmi. Lo sa anche Microsoft, ma i suoi tentativi di riconvertirsi alla nuova filosofia per ora non danno frutti.


Massimo Gaggi

corriere

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