Quando pensiamo di aver superato dei pregiudizi e delle ingiustizie, è il momento di tornare sui nostri passi e vedere come stanno le cose veramente!
Ecco quindi che riporto una notizia per lo meno allarmante:
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Nella Germania del cancelliere Angela Merkel una donna guadagna il 22% in meno del suo compagno di lavoro maschio; ma anche in Gran Bretagna, tra i sudditi di sua maestà Elisabetta, il gap raggiunge il 20%.
L'allarme sulle disuguaglianze salariali arriva dalla Commissione europea che, pur non avendo specifiche competenze in materia, torna a raccomandare agli Stati membri un'inversione di tendenza in un trend che, nel corso degli anni, non sembra aver subito modifiche.
Una comunicazione, che sarà approvata domani dall'eurogoverno, evidenzia infatti come, secondo l'ultimo rapporto di Eurostat, nell'Ue le donne continuino a guadagnare in media il 15% in meno rispetto agli uomini (17% dieci anni prima).
Non si tratta solo del problema di raggiungere una stessa remunerazione per uno stesso lavoro: i fattori all'origine delle differenze, osserva l'esecutivo Ue, comprendono anche una minore valorizzazione delle professionalità, discriminazioni sul mercato del lavoro e difficoltà di conciliare vita professionale e vita privata, che per le donne si traduce in un massiccio ricorso al part-time.
Nessun segnale di miglioramento neppure per il numero di donne manager: nel 2006 lo era il 32% contro il 68% di maschi, nel 2000 la percentuale si fermava al 31%.
(...da qui)
La retorica dei doppi tempi di lavoro delle donne e della difficile conciliazione tra carico di lavoro in casa e fuori casa ha per lungo tempo alimentato i discorsi sulla questione femminile. Si è diffusa infatti la convinzione senza prove che mediamente le giornate delle donne fossere più piene di attività domestica ed extradomestica di quanto non fossero quelle spese soltanto sul mercato del lavoro dagli uonimi.
Una smentita a queste apprezzabili opinioni senza fatti arriva da una ricerca realizzata da Michael C. Burda dell'Università di Berlino, Daniel S. Hamermesh dell'Universiy of Texas e Philippe Weil dell'Université libre de Bruxelles. I tre, economisti del lavoro, ne hanno pubblicato i risultati con il titolo "Total Work, gender and social norms" negli IZA Discussion Paper, n° 2705, e nei NBER Working Paper, n° W13000, del mese di marzo.
I ricercatori hanno analizzato i risultati dei sondaggi, fatti con i diari degli orari di lavoro, sul tempo allocato da donne e uomini di 25 paesi, registrato in minuti per giornata media, per tre anni consecutivi, dal 2001 al 2003.
Hanno diviso le giornate in quattro parti differenti: il tempo impiegato sul mercato del lavoro, dedicato alle faccende domestiche, occupato dal dormire e mangiare, trascorso negli svaghi.
Non hanno trovato differenze tra la quantità di tempo lavorativo delle donne e degli uomini negli USA e in Europa. Mediamente, gli uomini impiegano 5,2 ore al giorno per il lavoro extradomestico e 2,7 ore per le attività dedicate alla famiglia. Le donne lavorano fuori casa per 3,4 ore al giorno e in casa per 4,5 ore. Il tempo di lavoro dei due sessi è identico: 7,9 ore al giorno.
Ci sono forti differenze tra i paesi. In Svezia, Norvegia e nei Paesi Bassi gli uomini lavorano più delle donne, con una differenza di una decina di minuti in più, dovuta agli impegni professionali. In Belgio, Danimarca, Finlandia e Regno Unito lavorano di più le donne, ma le differenze sono ancora minori.
In Italia e in Francia le quantità di lavoro delle donne superano quelle degli uomini. Le Italiane lavorano mediamente 8 ore al giorno contro le 6,5 degli uomini. Le Francesi lavorano 7,2 ore e i Francesi 6,6 ore.
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