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3 giu 2013

Chi sono gli oligarchi russi

Boris Berezovskij a Londra, il 7 novembre 2011. (A. Winning, Reuters/Contrasto)

Boris Berezovskij, noto come "il Padrino del Cremlino", sabato scorso
è stato trovato morto nella sua villa in Inghilterra. Probabilmente si
è suicidato. Nel 1997 era il più ricco dei russi e faceva parte del
gruppo di miliardari conosciuti come gli oligarchi. Ma chi sono gli
oligarchi russi? E come hanno fatto a diventare così ricchi?

Risorse per pochi
Per gli antichi greci gli oligarchi erano un piccolo gruppo di uomini
(in greco ὀλίγοι significa "pochi") che detenevano il potere grazie
alla ricchezza. Per i russi, gli oligarchi sono gli uomini d'affari
che hanno approfittato delle confuse privatizzazioni degli anni
novanta per impadronirsi delle maggiori risorse della Russia.
All'inizio degli anni novanta non costituivano neanche il due per
cento dell'élite economica mondiale, ma poi sono quadruplicati.

Questi uomini d'affari (biznismen) hanno usato i loro legami con la
nomenklatura, cioè con il potere politico, per impadronirsi delle
imprese di stato sfruttando dei buoni distribuiti dal governo a ogni
cittadino. Il modo in cui ci sono riusciti è spiegato bene dallo
scrittore francese Emmanuel Carrère nel romanzo Limonov (Adelphi
2013):

"Il primo settembre 1992 erano stati spediti per posta a ogni russo
con più di un anno di età buoni per il valore di diecimila rubli, il
che corrispondeva alla quota di ogni cittadino nell'economia del
paese. Dopo settant'anni in cui in teoria nessuno aveva avuto il
diritto di lavorare per sé ma soltanto per la collettività, l'idea era
quella di stimolare l'interesse personale e favorire la nascita di
imprese e proprietà private, insomma del mercato. Purtroppo però, a
causa dell'inflazione, appena recapitati i buoni non valevano più
niente. I beneficiari hanno scoperto che ci si poteva comprare tutt'al
più una bottiglia di vodka. Così li hanno rivenduti in massa ad alcuni
furbetti, che in cambio hanno offerto loro l'equivalente, diciamo, di
una bottiglia e mezzo. Questi furbetti, che nel giro di qualche mese
sono diventati i re del petrolio, si chiamavano Boris Berezovskij,
Vladimir Gusinskij, Mikhail Khodorkovskij […] Erano giovani,
intelligenti, pieni di energia, non disonesti per vocazione –
soltanto, erano cresciuti in un mondo in cui era vietato fare affari,
attività per la quale avevano un vero talento, e da un giorno
all'altro si erano sentiti dire: 'Fatevi sotto'. Senza regole del
gioco, senza leggi, senza sistema bancario e fiscale. […] era il Far
West".

Dopo l'accaparramento dei buoni, che potevano essere scambiati con le
azioni delle imprese statali, nel 1996 cominciò la fase dei loans for
shares, prestiti in cambio di azioni. Il governo di Boris Eltsin stava
per rimanere senza soldi, aveva tagliato i servizi sociali,
l'assistenza sanitaria e le spese militari ma non riusciva comunque a
pagare in tempo gli stipendi. Le banche, le uniche nel paese a
disporre di capitali, prestarono denaro al governo chiedendo come
garanzia le azioni dei giganti statali di petrolio, gas e metalli.

Sapevano che il governo non avrebbe mai potuto saldare questi debiti e
che le aziende di stato sarebbero finite così nelle loro mani. Per
aggiudicarsi la possibilità di fare i prestiti le banche parteciparono
a una gara pubblica, vietata agli istituti stranieri. Così in poche
settimane, nel 1995, le più grandi aziende statali di petrolio e
metalli (tra cui Norilsk Nickel, Yukos, Lukoil, Sibneft) passarono
nelle mani di pochi banchieri privati.

Petrolio e tv
Dalla metà degli anni novanta i dieci russi più ricchi sono sempre
stati quelli che avevano interessi nello sfruttamento delle materie
prime, soprattutto del petrolio. Ma gli oligarchi hanno investito
anche in altro. Oltre ad avere il controllo delle banche, necessario
per manovrare i loro soldi, si sono assicurati anche i mezzi
d'informazione, fondamentali per condizionare il potere politico. In
più, parecchi di loro si sono circondati di piccoli eserciti
personali, per proteggersi o per eliminare gli avversari.

Con il crollo del rublo nel 1998 gli oligarchi russi erano usciti
dalla classifica dei miliardari stilata dalla rivista Forbes. Ma
grazie all'aumento del prezzo del petrolio, tra il 2000 e il 2008, si
sono ripresi alla grande. Nel 2002 tra gli uomini più ricchi del
pianeta sei erano russi. Nel 2004 erano già 26 e nel 2008 addirittura
82.

Negli ultimi anni alcuni di loro si sono trasferiti all'estero (Boris
Berezovskij e Roman Abramovič a Londra, Vladimir Gusinskij in Spagna,
Leonid Nevzlin a Tel Aviv) altri sono finiti in carcere (Mikhail
Khordokovskij e Alexander Lebedev), altri sono fuggiti (Mikhail
Gutseriyev).

Uno degli oligarchi rimasti in Russia, Oleg Deripaska, nel 2008 aveva
un patrimonio di 28 miliardi di dollari (il più alto che un russo sia
mai riuscito ad avere), ed era uno dei dieci uomini d'affari più
ricchi del mondo.

Ma Deripaska aveva anche un mucchio di debiti con le banche
occidentali ed è stato lui il primo miliardario russo a chiedere aiuto
allo stato per evitare il fallimento.
Quando nel 2009, è stato firmato un accordo tra una società di
Deripaska e il governo russo, Putin ha prestato la sua penna a
Deripaska, che dopo la firma ha dimenticato di restituirgliela. Il
famoso "restituisca la penna" pronunciato allora da Putin è diventato
il simbolo di un nuova fase.

Dopo Deripaska quasi tutti i russi presenti nell'elenco di Forbes
hanno chiesto l'aiuto pubblico: Vladimir Potanin, Vagit Alekperov,
Roman Abramovič e molti altri. Per aiutare gli oligarchi sono state
spese decine di miliardi di dollari, e molti di questi soldi sono
stati presi dal Fondo per il benessere nazionale. Così alla fine le
proprietà dei super-ricchi sono ritornate nelle mani dello stato.

Il problema è che gli oligarchi non vogliono occuparsi di attività che
non siano l'estrazione e la lavorazione delle materie prime e non si
preoccupano d'investire nel loro paese. Preferiscono liberarsi delle
loro attività in Russia (anche perché molti di loro sono indebitati
fino al collo) e trasferire i soldi ricavati all'estero. Secondo la
Banca centrale, nel 2012 dalla Russia sono usciti circa settanta
miliardi di dollari.

Gli oligarchi russi più noti
Boris Berezovskij nel 1997 era il più ricco dei russi. Ex professore
di matematica, si era arricchito vendendo auto acquistate dallo stato.
Era convinto che per fare affari sicuri in Russia doveva conquistare
il potere politico e, consapevole di come la televisione può
influenzare la politica, aveva assunto il controllo del più grande
canale televisivo del paese.

Fu uno dei pochi imprenditori della cerchia ristretta del presidente
Boris Eltisn, la famosa "Famiglia". Sembra ci fosse lui dietro allo
scoppio della seconda guerra tra la Russia e i ribelli ceceni, alla
rielezione di Eltsin nel 1996 e alla sua sostituzione con il primo
ministro Vladimir Putin, un ex agente dei servizi segreti. Nel 2000
Berezovskij trasferì la sua fortuna nel Regno Unito ma le cose non gli
andarono bene. L'anno scorso aveva perso una causa miliardaria contro
un altro oligarca, Roman Abramovič, in uno dei processi più costosi
della storia del Regno Unito e per pagare gli avvocati aveva dovuto
svendere il suo patrimonio. Il 23 marzo è stato trovato morto nella
sua villa in Inghilterra.

Mikhail Khodorkovskij ha cominciato importando computer e brandy
francese di pessima qualità che rivendeva al mercato nero. Alla fine
degli anni ottanta in Unione Sovietica non c'erano banche private,
così nel 1990 ne ha fondata una, la Menatep, e ha acquistato una delle
più grandi aziende petrolifere del paese, la Yukos. Dieci anni fa era
l'uomo più ricco della Russia. "Se un uomo non diventa un oligarca,
vuol dire che in lui qualcosa non va", disse in un'intervista.

"Siamo partiti tutti dalle stesse condizioni, tutti avremmo potuto
farcela". Poi alla fine del 2003 è stato arrestato con l'accusa di
evasione fiscale, frode e peculato. Dal 2005 sta scontando una
condanna a otto anni in una prigione siberiana, mentre la Yukos è
fallita ed è stata smembrata. Nel 2009 è cominciato un nuovo processo
contro Khodorkovskij e il suo socio Lebedev per riciclaggio di denaro
e appropriazione indebita. Organizzazioni per la difesa dei diritti
umani pensano che molti dei reati economici di cui è stato accusato
siano stati costruiti a tavolino. Dal carcere Khodorkovskij ha scritto
più di un testo sulle vicende in Russia degli ultimi vent'anni.
Rischia 22 anni di carcere.

Vladimir Potanin ha lavorato al ministero degli affari esteri e in
seguito ha aperto con il suo socio Mikhail Prokhorov la Interros, che
mette insieme imprese del settore metallurgico, energetico,
finanziario e immobiliare. A metà degli anni novanta possedeva una
ventina di aziende prima statali e poi è diventato azionista di
maggioranza di alcune banche. Oggi ha incarichi politici per lo
sviluppo dell'economia russa ed è coinvolto in varie iniziative per la
promozione sociale e culturale.

Roman Abramovič, "l'oligarca invisibile", tra il 1992 e il 1995 ha
fondato cinque diverse compagnie di import-export, specializzandosi
nel settore del commercio del petrolio. Con Berezovskij ha dato vita
alla Sibneft, un'azienda arrivata a valere più di 13 miliardi di
dollari. Nel 2002 l'ha rivenduta a Gazprom, un'azienda di stato, e
l'anno successivo ha acquistato il Chelsea, una squadra di calcio
inglese. Ha uno yacht con un sistema di difesa antimissile e un
sottomarino d'emergenza, e possiede un castello in Francia. Una volta
il principe Carlo d'Inghilterra, in ritardo per una partita di polo,
si è fatto prestare da Abramovič l'elicottero. Secondo Forbes, oggi
l'ex proprietario di Sibneft ha un patrimonio di 12 miliardi di
dollari.

Oleg Deripaska ha fondato nei primi anni novanta diverse società per
azioni che si occupavano della produzione e della vendita
dell'alluminio, diventando la personalità più importante del settore.
Nel 1995 è diventato azionista di una grossa banca che aveva
contribuito a mandare in bancarotta e l'anno dopo ha cominciato a
interessarsi di politica, finanziando la campagna elettorale di
‪Aleksandr Lebed'‬. Insieme ad Abramovič ha fondato la RusAl, che nel
2001 ha comprato i pacchetti di maggioranza di tutti i più grandi
produttori di alluminio in Russia.

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