Se per i partiti si è avviata, pur a tappe e con grande lentezza, la
cura dimagrante, per i costi degli organi costituzionali siamo ancora
all'anno zero. In particolare per i costi sopportati dai contribuenti
per il funzionamento della Camera e del Senato.
Nel 2012 il Parlamento nel suo insieme è costato al bilancio dello
Stato la bellezza di 1,5 miliardi di euro. L'0,1% del Pil se ne è
andato per funzionare le due assemblee legislative.
Un costo enorme: basti pensare che a ogni tornata elettorale i partiti
incassano tutti insieme sui 150 milioni di euro. Ebbene un anno di
Parlamento costa dieci volte il conto dei partiti. Eppure qualcosa ora
sta cambiando: i due presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso appena
insediati si sono tagliati lo stipendio del 30 per cento. E la Camera
già dall'inizio di questa legislatura è intervenuta con tagli sulle
cariche interne dei deputati e sui contributi finanziari ai gruppi
parlamentari per 8,5 milioni di euro. Ma quegli 8,5 milioni su un
costo per lo Stato di 992 milioni sono poco meno dell'1 per cento. Una
goccia nel mare.
La rivoluzione dei risparmi? Vale solo il 5 per cento
Dal 2013, per effetto delle misure adottate in precedenza, il taglio
della dotazione dello Stato alla Camera sarà consistente: per la prima
volta il finanziamento che versa lo Stato scenderà da 992 milioni a
943 milioni. Un rispamio secco del 5 per cento. Basta questo per
parlare di rivoluzione copernica per i costi della politica?
Assolutamente no. Le misure sono flebili, hanno quasi un valore
meramente simbolico. Perché Camera e Senato continuano, a dispetto del
baratro su cui è affacciato il Paese, a costare tanto, troppo e in
modo ingiustificato. Più di uno studio dimostra che il nostro
Parlamento costa il doppio rispetto alle assemblee dei nostri partner
europei. Eppure l'efficienza del legislatore italiano non è certo
migliore di quello dei francesi o inglesi.
Spese folli per i dipendenti i deputati (e gli ex)
Già ma a cosa serve il quasi miliardo iniettato ogni anno nel bilancio
della Camera? Se ne va quasi tutto per pagare gli stipendi e pensioni
dei 1.500 dipendenti e dei 630 parlamentari. Solo le retribuzioni del
personale della Camera valgono 238 milioni. Il che vuol dire che
ciascun addetto alla Camera, dal barbiere, all'autista, al commesso
fino al segretario generale ha uno stipendio medio annuo lordo di
oltre 150mila euro. Diecimila euro al mese per 15 mesi. Nessuna
impresa privata o pubblica al mondo può permettersi di pagare ogni
dipendente una cifra così alta. Ma tant'è, tanto paga Pantalone.
E se agli stipendi si sommano i contributi il costo è di 287 milioni.
Ma ci sono anche le pensioni degli ex-dipendenti. Pensioni d'oro che
costano altri 216 milioni. E così pagare il personale vecchio e nuovo
costa la bellezza di 500 milioni di euro, la metà del contributo
statale alla Camera. L'altra metà è più o meno di appannaggio dei
deputati in carica e degli ex. Tra indennità e pensioni, per pagare i
deputati la Camera spende 300 milioni. E così, del miliardo che lo
Stato mette a disposizione ogni anno, 800 milioni servono solo a
pagare stipendi e pensioni (d'oro entrambe a deputati e dipendenti).
Al Senato, che è costato allo Stato 505 milioni nel 2012, pagare
indennità, stipendi e pensioni ai dipendenti (circa 800 persone) e a
senatori ed ex senatori si porta via circa 480 milioni.
Ora la manovra di risparmio dovrebbe, per i prossimi anni, portare a
una minor richiesta di soldi allo Stato per 76 milioni di euro.
Sembrano tanti, ma è solo una correzione sui largheggiamenti del
passato. Basti pensare che nel 2001 il Senato costava allo Stato
"solo" 350 milioni. Nel 2011 si è arrivati a 526 milioni. Un aumento
del 50% dei costi in dieci anni, mentre nel Paese il Pil languiva.
La casta dei dipendenti
Quei 287 milioni che valgono i 1.500 dipendenti della Camera sono uno
spregio a qualsiasi normale lavoratore. Sarà il prestigio
dell'incarico, sarà il luogo deputato per eccellenza a dare l'immagine
del Paese. Ma quell'immagine è strabica. Come è possibile che un
neo-assunto documentarista guadagni netti al mese 1.900 euro e che un
consigliere parta da 2.900 euro al primo giorno di lavoro?
Retribuzioni che iniziano a galoppare fin dal pirmo giorno in modo
inarrestabile: un consigliere parlamentare arriva a fine carriera a
350mila euro lordi annui; un documentarista a 237mila euro lordi
annui; un commesso a 133mila euro; idem per un barbiere, un operaio,
un autista e così via.
Una smacco, una sberla plateale a quei milioni di lavoratori che
faticano ad arrivare a 20-30 mila euro lordi annui.
Ecco perchè la rivoluzione sui costi della politica deve davvero
ancora incominciare.
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