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21 nov 2019

I manager incapaci fanno scappare i giovani talenti dalle aziende: il capo ignorante è il più grosso ostacolo alle loro carriere



Agf


In un mercato del lavoro complicato come il nostro in cui è difficile accedere al posto desiderato, figuriamoci cosa può essere far carriera. Gli ostacoli lungo la strada sono tanti, ma non sempre hanno a che fare con il proprio Cv. Perché nonostante gli anni di esperienza e le competenze tecniche acquisite, spesso i dipendenti faticano a scalare la piramide gerarchica per colpa dei loro capi. Manager incompetenti, perché non sono adeguatamente formati per coordinare la propria squadra. Ma anche boss che temono l’ascesa di giovani più qualificati e intraprendenti di loro.


“Commettono tanti errori che non solo arrecano danno all’azienda ma finiscono per contenere le aspirazioni di lavoratori dotati e determinati”, spiega a Business Insider Italia Nicola Uva, senior director Emea di Adp, multinazionale leader nell’Human Capital Management. Il risultato? “La fuga dei talenti che, percependo un blocco alla loro crescita professionale, preferiscono andare via verso altri orizzonti”.

Nicola Uva, senior director Emea di Adp




Una survey realizzata da Adp “Workforce View in Europe 2019” ha provato ad analizzare questa dinamica. La ricerca ha preso in considerazione oltre 10.000 dipendenti in Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito. Nel nostro Paese, circa 1400 persone sono state intervistate e il risultato sembra chiaro: una delle maggiori cause dell’improduttività per i lavoratori della Penisola è l’incompetenza dei propri manager. “Con questa parola però non si intendono le figure di vertice di una società, vale a dire i dirigenti delle aziende”, ribadisce Nicola Uva. Che precisa: “Si fa invece riferimento ai team leader e ai manager di linea, vale a dire quelle persone che guidano gruppi di lavoro, che sono a contatto tutti i giorni con le risorse da loro coordinate”.


Il problema dell’incompetenza infatti può essere fuorviante. Non riguarda le capacità professionali di un individuo che opera all’interno di un determinato settore aziendale, ma le sue abilità di tipo manageriale. “Posso essere bravo a ideare un prodotto, a realizzarlo o magari a trovare le migliori modalità per comunicarlo e pubblicizzarlo. Ma potrei non essere in grado di gestire il team di lavoro che deve materialmente svolgere tutti questi processi e funzioni”, chiarisce l’esperto di Adp.
Getty Images

Questo perché le aziende tendono a investire nella formazione manageriale solo delle figure apicali della società, per mancanza di tempo, di risorse finanziare o semplicemente per motivi di focus: si tende a pensare che solo i dirigenti abbiano bisogno di queste skills. “Ma anche team leader e manager di linea devono essere istruiti su questo piano, perché spesso sono dipendenti che sono stati promossi al comando dei loro colleghi e che mancano della corretta formazione per dirigere una squadra verso il raggiungimento degli obiettivi”, assicura Nicola Uva. In altre parole, sono ottime risorse operative, eppure mancano della leadership e delle competenze necessarie per coordinare gli sforzi comuni, per cogliere e gestire non solo gli aspetti pratici dell’organizzazione del lavoro ma anche quelli di carattere personale dei dipendenti, come le aspettative e le ambizioni che ciascuno nutre.

Così finiscono per fare molti errori e la loro ignoranza manageriale blocca il desiderio di crescita dei lavoratori, anche di quelli consapevoli della propria preparazione. Lo studio mostra che l’87 per cento degli italiani è ottimista sulle proprie competenze professionali. E il 27,3 per cento di loro ritiene che il più grande limite alla carriera sono i manager incompetenti. Solo dopo vengono l’assenza di supporto tecnologico adeguato (18,7%) e di aiuto da parte dello staff (18,6%), sistemi e processi organizzativi inesistenti (18,3%), mancanza di skills (12,5%) e di flessibilità sugli orari e luoghi di lavoro (12,3%).



L’incompetenza dei manager finisce in ultima analisi per spingere lavoratori brillanti a lasciare il posto di lavoro per un altro migliore. “Questo accade per una certa fascia della popolazione lavorativa, per le risorse molto preparate che hanno laurea e master, e che nutrono aspettative occupazionali molto alte – continua il senior director di Adp -. Ci mettono poco a cambiare quando incontrano un boss ‘ignorante’ (nel senso che manca di queste capacità manageriali), che non riconosce o accetta le loro aspettative. Anche in Italia, dove c’è un mercato abbastanza statico, ci sono figure più ricercate dalle imprese che è facilissimo perdere: nell’It, nelle vendite, nel commerciale, ma anche in settori come marketing, finanza e controllo di gestione”. Perché anche se l’azienda è bella e lo stipendio è adeguato, non sempre questi due fattori bastano a trattenere un giovane talento che vuole spiccare il volo.
Gli errori tipici del manager incapace

La mancanza di esperienza e di una formazione adeguata possono spingere il capo a commettere alcuni errori comuni. Innanzitutto, a volte manca di empatia e quindi non riesce a intuire le aspettative di crescita dei dipendenti che lavorano con e per lui. “Così non riesce a dare risposte soddisfacenti a chi gli chiede consigli per crescere e formarsi, per capire cosa fare per dare un contributo in più all’azienda per cui è impiegato e magari svolgere così in futuro un ruolo diverso, più importante e appagante”, puntualizza Nicola Uva.

Poi c’è la paura del prossimo: il team leader potrebbe temere le ambizioni e le capacità delle persone che lavorano nella sua squadra e decidere quindi di tarpargli le ali. “Ma così fa un errore grosso, perché se non trova una persona che è in grado di sostituirlo, non potrà mai occuparsi di altro per crescere professionalmente”.

Ancora, il timore del cambiamento: non vuole che cambi il modo di organizzare e realizzare il lavoro. E quindi sceglie i collaboratori soprattutto in base alle conoscenze personali, meno per le competenze professionali: questo perché si vuole avvalere di risorse che, è sicuro, seguiranno il suo modo di ragionare e di operare, senza creare problemi. “Tendono a stare nella loro comfort zone, hanno paura di aprirsi”.



Infine, c’è il capo che svolge un lavoro solo operativo e che si occupa personalmente del problema quando questo si manifesta. Dovrebbe invece saper delegare queste funzioni, coordinando e dirigendo le attività del suo team in modo da realizzare gli obiettivi prefissati.

Per evitare di cadere in queste trappole, conclude l’esperto di Adp, i potenziali manager devono studiare e acquisire diverse skill: “Come si gestisce la leadership e le dinamiche di un gruppo, come si definiscono gli obiettivi, come si risolvono i conflitti all’interno dell’ambiente di lavoro, come si ascoltano le esigenze dei collaboratori”. Poi ancora, “devono dedicare tempo a fare il manager, a guidare e coordinare il proprio team: perché solo con l’esperienza e il giusto sforzo si può essere un capo migliore”.

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