ROMA - C'è un caso piste nella Capitale. Gli impianti sportivi comunali di Roma dove si pratica atletica versano in uno stato preoccupante, ai limiti della fatiscenza. L'esempio principe è lo storico "Paolo Rosi", lo "stadio delle aquile" nella vulgata dei podisti romani: la pista in tartan è consumata all'inverosimile, praticamente non esiste quasi più, il pistino coperto ormai è una trappola dispensatrice di infortuni (oltretutto la regolarità dell'accatastamento è ancora un giallo). In questi ultimi anni gli investimenti nei campi di atletica sono diventati sempre più esigui se non nulli, e i continui cambi di mano nella gestione hanno reso la pratica dell'atletica una corsa sì, ma una corsa ad ostacoli.
Di recente un barlume di speranza si era acceso con la diffusione da parte dell'amministrazione M5s di una bozza di "regolamento per gli impianti sportivi di proprietà del Comune di Roma". Un barlume che però ha fatto presto a spegnersi perché appena è finito nelle mani della Fidal Lazio (il comitato regionale della Federazione italiana di atletica) e delle potenziali concessionarie, ossia le società sportive, è subito emerso come si tratti di un bando di appalto pubblico, all'insegna della trasparenza sì, ma lontano dalla realtà sportiva, dall'elemento sociale, dalla sostenibilità economica.
Obiettivo sport sociale. "La criticità maggiore di questa prima stesura è che si parla di sport sociale all'inizio e poi se ne perdono le tracce negli articoli seguenti, poiché sono articoli tecnici che fanno riferimento al codice degli appalti" sottolinea Fabio Martelli, presidente Fidal Lazio. "Non si parla neanche di sport agonistico da svolgere all'interno di impianti comunali: capisco l'esigenza di dare impianti di sport alla cittadinanza e sia chiaro che io non penso ad un impianto che sia di uso esclusivo degli atleti di élite. Penso invece a un impianto dove chi pratica attività motoria possa vedere un atleta di élite che si allena. Questa funzione, nell'atletica, la svolge a Roma lo stadio della Farnesina di proprietà del Coni, ma oggi è sovraffollato e allo stato attuale non c'è un impianto comunale che unisca queste due esigenze".
Il ruolo della Fidal. Nel regolamento uno dei paletti imposti è che non si può gestire più di un impianto e non sono previste deroghe rispetto a questo limite. Inoltre non si parla affatto del ruolo della Federazione. Aspetto che desta qualche perplessità anche perché una società sportiva da sola non può sostenere i costi gestionali di un impianto senza il supporto del Comitato regionale. "Se il Comitato Regionale potrà gestire soltanto un impianto, per esempio il Paolo Rosi, che cosa accadrà ad un impianto come quello di Ostia che ha dei costi di gestione elevatissimi essendo all'interno di una pineta?" si chiede Martelli.
La questione del canone. La parte economica resta quella con più aspetti oscuri, compresa l'annosa questione del canone annuale pagato dai concessionari. A partire dal caso del canone pagato per lo Stadio Nando Martellini a Caracalla (52 euro), già oggetto di critiche. "Il canone di concessione era basso - dice ancora Martelli - ma era quello stabilito da Roma Capitale, non eravamo noi a decidere quanto pagare. Detto questo, concordo anche in una revisione del canone di concessione per gli impianti di atletica, ma non sono riuscito a capire, nella bozza di regolamento, quanto sarà il canone di concessione per un impianto".
Il Comune: è solo una bozza, pronti a cambiare. Per la stesura della bozza l'Assessorato allo Sport non ha consultato alcuna istituzione tecnica o politica, ma arrivano rassicurazioni sul fatto che si tratta veramente di una bozza, che potrà essere modificata ascoltando, se necessario, istituzioni tecniche e politiche. L'Assessorato ha infatti avviato una serie di incontri con tutte le parti potenzialmente interessate, mentre il Coni regionale Lazio si è impegnato a svolgere un ruolo di coordinamento tra le Federazioni.
Frongia: legalità il punto fermo. "Per la prima volta a Roma abbiamo avviato un percorso partecipato per arrivare in tempi brevi ad un nuovo regolamento per gli impianti sportivi, strategico per il futuro della città, all'insegna della trasparenza e volto ad assicurare maggiori servizi ai cittadini" spiega Daniele Frongia, assessore allo Sport del Comune di Roma. "Il testo è una prima bozza, che sarà discussa nei prossimi incontri istituzionali, tecnici e con tutte le forze politiche. Stiamo già ricevendo numerosi contributi dei quali terremo conto e adatteremo il regolamento alla realtà sportiva romana e alla nostra visione dello sport". Frongia sottolinea, in linea con i principi del M5s, che l'obiettivo dell'amministrazione "è ripristinare la legalità e quindi coinvolgere più soggetti, salvo logicamente la gara andasse deserta. Esiste già una normativa nazionale e comunitaria che dà precise indicazioni sugli appalti e gli affidamenti. È da lì che dobbiamo partire per fare chiarezza su costi, durate e potenziali concessionari. I prossimi passi sono ulteriori incontri con i tavoli di lavoro, poi il testo inizierà l'iter istituzionale previsto dalla nostra normativa".
La società sportiva: bene la legalità ma no al massimo rialzo. Le Associazioni sportive dilettantistiche sono coinvolte in questo percorso partecipato perché sono realtà, alcune più di altre, che hanno le competenze e l'esperienza per poter gestire gli impianti. "Competenze e passione sono due elementi imprescindibili per poter gestire un impianto sportivo" dice Roberto De Benedittis, presidente Acsi Italia Atletica, società che punta a gestire l'impianto di Caracalla "e noi le abbiamo entrambe. Leggendo la bozza in effetti mi aspettavo che ci sarebbero state delle profonde modifiche. La prima cosa da rivedere è l'approccio gestionale: non può valere il criterio 'chi offre di più si prende l'impianto' perché altrimenti prevarrebbe il business sull'aspetto sociale e non può essere così. Invece si deve trovare una soluzione per fare business sociale, cioè permettere a tutti di fare atletica, prevedendo un prezzo politico all'ingresso - ben al di sotto di un circolo privato sportivo - e trovare forme alternative per coprire le spese dell'impianto, come per esempio allestire un bar interno o affittare la struttura per manifestazioni. L'impianto di Caracalla costa circa 150mila euro l'anno, tra manutenzione, personale, bollette... In una cosa invece il regolamento non lo cambierei: è stato scritto nero su bianco che un impianto nato per fare atletica, basket o nuoto deve essere utilizzato per lo sport per cui è stato appaltato e non per svolgervi
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