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30 gen 2017

Cento maratone in tre anni, la corsa infinita di Max

L'impresa di un trentenne romano, Massimo Ciocchetti. Da Singapore a Rimini, dalla Siberia a Ragusa, da Panama a Gerusalemme: "Grazie alla corsa ho girato il mondo. Ogni mattina mi sveglio e mi dico: oggi voglio essere migliore di ieri"

ROMA - Trent'anni possono correre veloci, se li vivi a 5' al km e tutti d'un fiato. Una domenica dopo l'altra, una maratona via l'altra di settimana in settimana, senza sosta, da Singapore a Rimini, dalla Siberia a Ragusa, da Panama a Gerusalemme. Le cento maratone corse da Massimo Ciocchetti in tre anni e prima del compimento del suo trentesimo, sono un record e una storia che agli annali non ha precedenti. "Ma la cosa bella, al di là dei numeri, dei record, è che alla mia età ho girato il mondo e l'ho girato tutto per davvero. Il viaggio prima, poi la mia passione, la corsa, quindi stare bene, con me stesso, innanzitutto. E con la vita professionale che faccio non era proprio scontato".

Romano, insegnante di educazione fisica, collaboratore in tre centri Fitness, "Max", come lo chiamano, non si ferma mai. Giusto ora, per raccontare la sua storia, così giovane eppure così intensa. "Sempre, tra una lezione e una seduta da istruttore in palestra, inserisco una corsa, sempre vuol dire ogni giorno. Poi il sabato o il venerdì se si cambia continente, si parte per un'altra avventura, una nuova maratona". Tante, tra maratone e ultra, che gli sono valse nel febbraio 2016 il riconoscimento quale miglior giovane della stagione 2015 dal ristretto Club Super Marathon, per i veri "maniaci" del settore.
Collezionista, certo, di medaglie e nuove tappe, ma non da solo. Con lui corre sempre e ovunque Salvatore Gorgone, quasi il doppio dei suoi anni, 65, ma un sodalizio come pochi. Sposato, padre, professionista nel ramo finanziario, runner. Con 150 maratone alle spalle. Perché questa, oltre che di corsa, è anche la storia di una grande amicizia. "Poche differenze, perché lui corre come un trentenne, funziona così: uno dei due propone, un messaggino via Whatsapp e l'altro sta già facendo le valigie. Si parte. Salvatore mi porta esperienza, maturità, equilibrio. Servono a temperare la mia energia e la mia incoscienza". L'allenamento non serve, quando di lunghe distanze ne corri una ogni domenica non c'è nemmeno l'ansia dei tre, quattro mesi di preparazione per la maratona di un comune mortale, di un runner come tanti.

No, runner come tanti Massimo e Salvatore non lo sono. "Chissà, forse tutto nasce da quel che mi dico ogni mattina appena sveglio: oggi voglio essere migliore di ieri - racconta Ciocchetti, barba e capelli castani, tuta d'ordinanza in una pausa in palestra - Io resto convinto che lo sport possa cambiarci, nel fisico ma anche nello spirito, metterci di fronte a quel che siamo realmente, costringerci ad acquisirne consapevolezza, nei pregi come nei limiti. E farlo all'aria aperta, per strada, per me è molto meglio". Ma la lista di gare è lunga, sconfinata, e tocca i cinque continenti. Come fate? Chi vi finanzia? Avete vinto il Superenalotto? "No, nessuna vincita fortunata, purtroppo", ride. "Solo la nostra intraprendenza. Ci sono tante grandi e piccole aziende che hanno voglia di esserci, di comparire, sulle nostre magliette in giro per il mondo. Loro pagano i voli, gli hotel, i costi fissi insomma. Noi indossiamo le loro maglie, con tanto di logo. In fondo siamo il loro mezzo per raggiungere luoghi dove non potrebbero mai arrivare. Ecco, l'abbiamo battezzato il "crowdfunding del pettorale".

Prima maratona a Pisa, neanche tanto tempo fa, e anche questo la dice lunga sull'escalation: 16 dicembre 2012. Da allora non si è più fermato. Maratone corse anche una domenica dopo l'altra, come allenamento, ma in realtà è la sfida continua di Massimo con se stesso. A fine 2016 le ultime. Singapore, la più lontana a dicembre, la Siberian International Marathon il 7 agosto, oltre a Berlino a settembre, Boston ad Aprile, Seoul a marzo, solo saltellando qui e là sulla tabella di marcia che ogni domenica Max aggiorna con i tempi e i km percorsi.
Già, perché i km percorsi a volte sono più di 42. "Una delle gare più belle per me rimane Roma, la mia città, ma poi metto in testa Chicago e New York per il tifo da stadio, Valencia calorosissima, Mosca con i suoi viali, Dubai e Gerusalemme, la Polar a Circle Marathon in cima al mondo. Pisa mi sta nel cuore: la prima, dove tutto è cominciato. La numero cento, la maratona di San Valentino a Terni, ovviamente a febbraio. E poi il grande salto. Le ultramaratone. "Il mio primo Passatore, la Nove Colli Running (202 km) o l'Ultrabalaton (221 km), la 50 km di Romagna o l'ultramaratona del Gran Sasso, le due 100 km di Asolo. Un runner dovrebber provare a correrne almeno una nella vita". Ma lo sguardo è già alle avventure che verranno, per adesso degli obiettivi, poco più che sogni. "Marathon des Sables e poi Petra in Giordania, Machupichu in Perù, il Vietnam e l'Egitto tra le piramidi". A gennaio si ricomincia. Rieti e Ragusa, a Febbraio Honk Kong e Tunisi, marzo Los Angeles.

Ma non è tutto medaglie e applausi. Ci sono i cali, lo stress, i crolli. E anche da qui e dalla capacità di rialzarsi si misura la forza di un runner. E gli infortuni. Il 20 gennaio 2016 la frattura da stress al terzo metatarso. Poi si ricomincia. Fino al crollo proprio nel giorno e nella gara alla quale più teneva. La Spartathlon. Era la prova delle prove. L'ultrarace che parte dall'Acropoli di Atene e termina, dopo 246 km, a Sparta, dal 30 settembre al primo ottobre. Mesi di attesa, l'allenamento sodo - per questa sì - poi cosa succede?  "La mia Spartathlon è terminata dopo 90 km. Una delusione enorme. Dopo mesi di preparazione, tutto il tempo sottratto ai miei affetti, alla mia estate da trentenne, il sogno accarezzato fino allo start. Se ci penso - racconta tre mesi dopo - brucia ancora. Nonostante gli ultimi allenamenti fossero andati molto bene, mi sono trovato di fronte a un clima e a un percorso di gara che definire massacrante sarebbe poco. Oltre trenta gradi e...ebbene sì, il mio fisico che tante soddisfazioni mi ha dato fino ad allora, ha ceduto. Non la testa, no, quella è rimasta lucida e mi ha tirato fino a quando è stato possibile, finché ho potuto". Ma succede così che il racconto di una piccola disfatta, ancor più dei tanti trionfi, diventa importante. Per i tanti che guardano a lui come esempio, ai tanti trentenni e quarantenni e cinquantenni o sessantenni come Salvatore che vedono in Max un punto di riferimento. Cosa succede quando un "eroe" crolla? "Chi mi conosce sa che a me piace correre e insegnare sport sempre col sorriso, senza mettere in pericolo né me in prima persona come runner, né gli altri come istruttore e personal trainer. E' successo che arrivato al check-point numero 24 con 4 minuti di ritardo i giudici mi hanno bloccato, ma prima di loro mi sono bloccato io. Continuare a rischiare sarebbe stato un suicidio".

Perché runner non vuol dire solo mettere le scarpette e correre a perdifiato finché ce n'è. Vuol dire soprattutto conoscere il proprio corpo e sapersi fermare, se necessario. "Certo, la maturità di un uomo e di un atleta si riconosce anche dal rispetto dei propri limiti psicofisici" racconta Massimo. "In quanti mi hanno seguito e incoraggiato dall'Italia. Io non sono arrivato a baciare il piede di Leonida al traguardo ma sento che questa esperienza mi ha permesso di rendermi conto di quanto amore e sincerità di affetti mi circonda ed è questa consapevolezza che è tornata con me in
Italia dopo quella esperienza, il premio più bello. In questo 2017 ritenterò credo Sparathlon e considero la sfida più che aperta. Ma ora guardo avanti, per una gara andata male altre mi hanno dato già grandi soddisfazioni e cento altre mi aspettano".
 

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