La storia dell’Italia che muore la sentiamo tutti i giorni. Però c’è anche un’Italia che fa bene e costruisce. Da qui nasce l’idea di Dai che ce la facciamo di Gianluca Spadoni.
Un libro pubblicato da Franco Angeli, ricco di testimonianze di persone che sono rinate professionalmente. “Sì, è difficile ma fattibile. Quello che una volta facevamo con un filo di ‘gas’, ora richiede impegno e sforzi tre volte maggiori”. Parole di Spadoni, un super manager che si è fatto da solo e che, oggi, a soli 39 anni, guida 7 aziende dal punto di vista commerciale ed è docente alla Business School dell’Università di Bologna. Ma ecco quali sono gli ingredienti necessari per combinare qualcosa secondo lui.
1. Ambizione

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Primo, l’ambizione, altrimenti non si va da nessuna parte. Schopenhauer quando parlava degli ambiziosi diceva che le loro idee all’inizio vengono criticate, poi osteggiate e alla fine date per ovvie. Ed è un po’ quello che succede a chi esce dal seminato, che pensa quindi un po’ più in là. Ma quando parlo di ambizione, parlo anche di visione a medio-lungo periodo. Quindi, meglio la mentalità del coltivatore che si mette lì, con santa pazienza, perché sa che prima deve arare, poi seminare e innaffiare; rispetto a quella del cacciatore, che esce ogni mattina, spara, porta a casa e ogni giorno deve ripartire da capo. Ci vogliono anni a raccogliere.
2. Volontà

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Secondo, la volontà. Chiunque combini qualcosa di buono, lo fa perché utilizza la parola ‘voglio’. Quando si deve fare una cosa, si va spesso a 3 cilindri. Cioè la si fa, ma senza l’animo necessario per dare il meglio. Invece con la volontà non è mai questione di chilometri, tempo o denaro, ma è questione di quanto è importante per noi. Basta pensare alla differenza che c’è tra fare 300 km per andare al concerto del nostro cantante preferito o per una trasferta di lavoro imposta dal capo.
3. Coraggio

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Terzo, oggi più che mai è necessario tirar fuori quel coraggio che ci ha distinto in passato, quella capacità (e un po’ di sana incoscienza) di rinunciare al posto fisso per seguire le nostre passioni, quella voglia di girare il mondo perché da ogni viaggio si torna arricchiti. Con il benessere degli anni ’70/’90 è, infatti, venuta a mancare quella spinta che chiamo ‘fame’, di conseguenza la disposizione a seguire l’istinto per cercare nuovi orizzonti.
4. Perseveranza

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Quarto, la perseveranza. Ricordiamoci che qualsiasi grande cosa è stata realizzata dopo tanti sbagli, tenendo duro. Perché se si sbaglia, si porta a casa la lezione e si migliora. Gli inconvenienti del percorso sono solo degli esami da superare per divenire completi. Dante si è dovuto perdere per poter scrivere la Divina Commedia. Sbagliamo pure ma senza perdere lo spirito.
5. Sacrificio

- 25/04/2013 Roma, un partigiano al corteo per la Liberazione. Alessandro Serrano' / AGF
Quinto, il sacrificio, cosa che si è persa. Vogliamo essere ricchi, senza pagarne il prezzo. Infatti, giochiamo più di 100 miliardi all’anno nelle scommesse perché vorremmo una vita migliore senza sbatterci. Dimenticandoci che in realtà il vero valore è il “mazzo” che ci facciamo per ottenerla. Se vinciamo e non sappiamo com’è successo, è come se non fosse successo niente. Quel che conta davvero è il percorso che ci ha fatto diventare grandi, il sacrificio come valore supremo.
6. Gioia

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Come collante ci vuole poi la gioia. Lo scopo della vita non è avere un motivo per cui essere contenti. Ma è esserlo, senza motivo, semplicemente per il dono di esistere.
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