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26 gen 2017

La Corte dei Conti bacchetta Poste e “scopre” il bonus quotazione di Caio

La maggior attenzione sul costo del lavoro in Poste Italiane in realtà non è mai arrivata. Nonostante le richieste della Corte dei Conti di “porre attenzione all’incremento del costo del personale dirigente”, contenute nella relazione al bilancio 2013, la stessa Corte nell’analizzare  i conti 2015 mette in evidenza come gli stessi siano cresciuti in due anni da 150 a 180 milioni (più 20%).


Sotto il faro della magistratura contabile sono finiti anche i compensi attribuiti al vertice del gruppo. Dice testualmente la Corte: “All’atto della determinazione dei compensi complessivamente corrisposti al nuovo Amministratore delegato e Direttore generale (Francesco Caio, ndr), si è posta la necessità di effettuare una valutazione preliminare in merito al compenso complessivamente corrisposto al precedente Amministratore delegato e Direttore generale della Società, al fine di contenere la misura dei nuovi compensi entro il 75 per cento di quelli precedenti”. Indicazione che però non è stata rispettata, seppur di poco. Caio, infatti, nel 2015 ha guadagnato 1,1 milioni come retribuzione fissa e 193 mila euro sotto forma di compenso variabile, cioé più del 75% del compenso complessivo ottenuto dal precedente capoazienda Massimo Sarmi nel 2013, che era stato pari a 1,56 milioni.



Inoltre, sempre dalla relazione della Corte dei Conti, emerge che l’amministratore delegato di Poste ha incassato un maxi premio per la quotazione in Borsa della società avvenuta nell’ottobre 2015. Al manager napoletano sono stati riconosciuti 370mila euro per il completamento dell’operazione: la prima metà a novembre 2015, il resto scaglionato in 36 mesi.
Un premio una tantum che porta le retribuzione complessiva di Caio per il 2015 a 1,48 milioni. E tenendo presente anche questo secondo bonus il manager nominato da Matteo Renzi al vertice della società controllata dal Tesoro ha percepito circa il 95% di ciò che incassava il suo predecessore. Insomma, nonostante le intenzioni dell’esecutivo, rafforzate dal decreto Fare, di portare gli stipendi dei manager pubblici al 75% dei loro predecessori il risultato è rimasto pressoché identico. Anche se in realtà Poste dal momento del suo sbarco in Borsa non è più tenuta a rispettare questo tetto.

Questo modo di procedere, però, ha fatto storcere il naso agli esperti di corporate governance internazionali. Secondo una società di proxy il premio per la quotazione è passato in assemblea “per una svista degli advisor. Di solito le minoranze e gli istituzionali si oppongono a premi così discrezionali. E gli investitori istituzionali non apprezzano questa prassi”.
Per un altro esperto “c’è stata scarsa trasparenza nella comunicazione dei premi, anche se tra le società quotate è una prassi abbastanza frequente”. Per entrambi i due consulenti interpellati, però, Caio è “un ottimo manager e merita tutto il suo stipendio anche se forse sarebbe stato meglio garantirgli un fisso più alto anziché un premio per la quotazione. D’altra parte è stato nominato dal governo proprio per portare Poste in Borsa”.

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