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24 gen 2017
Chiusi 111 campi da golf in Cina Attacco al "gioco dei milionari"
In realtà, costruire nuovi percorsi nel verde sarebbe proibito da una legge del 2004, mai fatta applicare. Oggi oltre un milione di cinesi si rilassano con il golf
È una storia di amore e odio quella tra la Cina e il golf. Per Mao Zedong era un passatempo frivolo e borghese e lo mise fuorilegge nel 1949, quando la rivoluzione comunista vinse e fu fondata la Repubblica popolare e comunista. Ma negli Anni 80, la grande apertura al «mercato» lanciata da Deng Xiaoping lo riabilitò perché serviva ad attirare investimenti dall’estero. Il percorso però continua ad essere accidentato: il governo centrale ha appena annunciato la chiusura di 111 dei 683 club di golf del Paese.
Spreco di terra e acqua
L’agenzia di notizie "Xinhua" riferisce che i campi e le buche e le club house sfruttavano terra arabile o riserve naturali e sprecavano troppo acqua. Problemi reali e seri in un Paese come la Cina che ha il 20 per cento circa della popolazione mondiale e solo il 7 per cento della terra utilizzabile per l’agricoltura e in più deve fare i conti con l’inquinamento industriale. Oltre ai 111 ai quali è stata ingiunta la chiusura, ad altri 65 sono state imposte restrizioni e ridimensionamenti e 11 hanno volontariamente sospeso l’attività. Una decimazione.
Pericolo corruzione
E poi c’è la campagna anticorruzione e per la purezza ideologica lanciata dal presidente Xi Jinping, che riporta alla scomunica lanciata da Mao per il «divertimento da milionari». Nel 2015 il Comitato centrale del Partito comunista cinese pubblicò il nuovo codice etico per gli 88 milioni di membri del Partito nel quale si vietava loro di avventurarsi tra le buche. A Pechino temono (non senza ragione) che le costose «membership» dei club di golf, ricevute in dono da molti funzionari, siano uno strumento di corruzione. Si sa anche che sui percorsi immersi nel verde si trattano affari non sempre leciti. «Il green del golf si è trasformato in una palude fangosa dove si scambiano potere, denaro e favori politici», scrisse la stampa governativa. L’anno scorso però nuovo contrordine: sacca e mazze da golf non sono un peccato politico, anche i funzionari comunisti possono giocare, basta che lo facciano fuori dalle ore d’ufficio passate a «servire il popolo» e si paghino di tasca propria l’iscrizione al club.
Il divieto del 2004
Resta il problema grave dei percorsi costruiti illegalmente dove non si potrebbe e del danno all’agricoltura. Tra l’altro, si è scoperto che in Cina l’impatto ambientale dei campi di golf è doppio rispetto a quello nel resto del mondo: si spostano 1-2 milioni di metri cubi di terra, circa cinque volte più che per un percorso tipo in America. Per questo nel 2004 il governo vietò la costruzione di nuovi «green»: la disposizione è stata ignorata, visto che allora i percorsi erano meno di 200 e ora la "Xinhua" ne ha contati 683. Ad eccezione del Tibet, ognuna delle 33 province e regioni della Repubblica popolare ha il suo «golf course», anche il remoto Xinjiang, terra di montagna e deserti. In Cina, quando si vuole spiegare perché una legge non viene applicata, si dice che «la montagna è alta e l’imperatore è lontano». Il fatto è che costruire un percorso da 18 buche muove molto denaro, crea potere, spesso accanto alle buche vengono costruiti resort con belle ville (uno dei 111 appena chiusi era circondato da 56 villone esclusive, ha riferito la "Xinhua"). Affari, corruzione, potere dei politici di provincia vanno insieme. Su questa storia è stato pubblicato anche un saggio: "The forbidden game", il Gioco proibito, che è una parabola di come funziona la Cina seconda economia del mondo, nominalmente capitalista ma dedita al capitalismo sfrenato.
Un milione di praticanti
Così il golf è diventato un fenomeno di massa anche in Cina: i praticanti sono oltre un milione, giro d’affari valutato in un miliardo di dollari l’anno. E ci sono anche 10 mila giovani che giocano sperando di diventare professionisti e 300 competizioni ufficiali ogni anno, secondo il calendario della China Golf Association. Ad agosto un cinese ha vinto il bronzo olimpico sul green di Rio. Alcuni storici di Pechino sostengono che il gioco fu inventato in epoca Ming, come passatempo della corte imperiale: c’è un dipinto del 1368 che lo certifica, chiamandolo «qiuwan». mentre gli scozzesi di St. Andrews in archivio hanno documenti risalenti solo al 1457, quando fu bandito per legge dal parlamento sotto il regno di Giacomo II.
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