L LEADER DEI «CINQUE STELLE»: PARTECIPARE AI DIBATTITI FA PERDERE VOTI
L'ultimo post:«Chi partecipa ai talk show deve sapere che d'ora in poi farà una scelta di campo».
RISCHIO OMOLOGAZIONE - Frase sibillina, da interpretare liberamente come un amichevole consiglio, un diktat o un preannuncio di espulsioni. Perché, spiega, «partecipare ai talk show fa perdere voti e credibilità non solo ai presenti, ma all'intero Movimento». Andarci, confrontarsi con «le mummie solidificate dai partiti» produce «omologazione». Grillo sa bene cos'è la tv. Deve al piccolo schermo (e a Pippo Baudo) la sua prima notorietà, culminata con l'allontanamento per lesa maestà (di Bettino Craxi) e con un lungo esilio. Esilio trasformato in un'arma, con la strategia dell'assenza e del vittimismo. Quando si presenta in tv lo fa solo da «monologhista» (definizione di Antonio Ricci). In studio con Ilaria D'Amico, nel 2009 a «Exit», si produce in una lunga tirata contro «la privatizzazione dell'acqua». Poi, lasciando attoniti i presenti, si dilegua. I maligni sospettano che voglia evitare il confronto. Quel che è certo è che non ama i giornalisti, a più riprese definiti «parassiti», «insetti ripugnanti» e «scarafaggi».
IL MOTTO - Del resto, il motto «ognuno vale uno», tavola della legge grillina, esclude solo un «Uno». Grillo, naturalmente. Che è l'«unico titolare dei diritti d'uso» del contrassegno del Movimento (come da «Non Statuto»). E ha imposto le sue regole: no a dibattiti pubblici sull'organizzazione del Movimento (con scomunica di chi ci aveva provato, come il ferrarese Valentino Tavolazzi), no all'alleanza con altre liste, no alla «mediazione di organismi direttivi o rappresentativi», perché il ruolo di governo è attribuito «alla totalità degli utenti della Rete»; no all'entrata nel movimento di persone che hanno aderito ad altri partiti; no a iscritti che non siano cittadini italiani; no a candidati che non siano incensurati o che abbiano in corso procedimenti penali, «qualunque sia la natura del reato a essi contestato». Lungo elenco, che potrebbe continuare, e che non esaurisce un quadro di regole paradossalmente bifronte: calate dall'alto, dal «titolare» Grillo, e decise in maniera spasmodicamente democratica dal basso, con «l'ognuno vale uno».
IL MOVIMENTO - Risultato, un movimento vivo, pieno di idee e risorse umane, agile e libero dalle pastoie dei rituali dei partiti. Ma anche un movimento frammentato, litigioso, che deve strutturarsi. Anche per questo andare in tv a mostrare le debolezze può essere un pericolo. Così Nicola Fuggetta, il candidato monzese, dà ragione a Grillo: «Forse ha sbagliato la tempistica, perché adesso era giusto andare in tv a ringraziare gli elettori. Ma queste elezioni hanno dimostrato che si può arrivare alla massa anche con altri canali. E poi, nel rivedermi a Otto e Mezzo, anche solo nel monitor di servizio, la mia immagine e la mia voce erano deformate. La tv è uno strumento pericoloso. Molto meglio mettersi davanti a una videocamera amatoriale e postare un video su youtube, senza mediazioni». E il diktat di Grillo? Non c'è il rischio di farsi comandare dall'alto? «Non lo so. Quella di ieri è una frase molto dura, ma mi fido di lui. So che ha la visione. E che vuole il bene del movimento».
Nessun commento:
Posta un commento