Nella settimana dal Giubileo di Diamante della Regina Elisabetta una società di analisi della City fa i conti in tasca ai Windsor. Non solo case di lusso a Londra ma anche una licenza a 800 aziende per vendere i prodotti col timbro della Corona
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINILONDRA - Sessant'anni al comando di una nazione sono un record mondiale (quasi - solo il re di Thailandia è al potere da più tempo, ma chi conosce il suo nome o il volto?). Non sono pochi, tuttavia, neppure sessant'anni alla testa di un'impresa. E la regina Elisabetta, che domenica celebra il suo Giubileo di Diamante sul trono (ci salì nel lontano 1952) con una regata senza precedenti di mille imbarcazioni sul Tamigi, è anche questo, oltre che un capo di Stato: il capo di un'azienda. Non a caso "the Firm", la Ditta, è il soprannome affibbiato familiarmente dagli inglesi alla famiglia reale.
Così, alla vigilia dell'anniversario, ha senso chiedersi quanto vale la "Monarchia Spa" britannica, e una società di analisi della City, la Brand Finance, prova a farle i conti in tasca. Risultato dell'indagine: se Elisabetta II, come singolo contribuente che paga le tasse, ha un patrimonio personale di "appena" 300 milioni di sterline (circa metà di quello di J. K. Rowling, l'autrice dei libri su Harry Potter, per avere un termine di paragone), la Ditta nel suo complesso avrebbe un valore di 45 miliardi di sterline, quasi 55 miliardi di euro, se fosse davvero una società per azioni e qualcuno volesse acquistarla. Più della Tesco, maggiore catena di supermercati del regno, e della Marks & Spencer, principale catena di grandi magazzini, messe insieme.
Per cominciare ci sono i beni concreti dei Windsor. I loro castelli, innanzi tutto: Buckingham Palace, Windsor, Balmoral, Sandringham, St. James, Kensington Palace, proprietà immobiliari fantastiche, che forse neppure i petrolieri russi e i nuovi ricchi cinesi potrebbero permettersi. Quindi le tenute di campagna, come il ducato di Cornovaglia, amministrato dal principe Carlo, con fattoria, coltivazioni agricole, allevamenti, produzione di alimentari, e il ducato di Lancaster. Poi gli altri immobili di famiglia: le belle case di Regent's street, la via dello shopping che scende fino a Piccadilly Circus, nel cuore di Londra, è roba loro, così come buona parte di Londra (dove chi compra una casa, non ne diventa proprietario per sempre, bensì solo per 99 anni, talvolta un po' di più, talvolta meno - la terra sottostante appartiene per l'eternità alle grandi aristocrazie, come al tempo dei latifondi, e ovviamente non c'è nessuno più aristocratico di Sua Maestà).
Il rapporto della Brand Finance non dimentica ovviamente i gioielli della Corona, una delle collezioni di pietre preziose più ricche e famose, e la collezione di opere d'arte appese al muro dei castelli, spesso autentici musei. L'etichetta di "Royal Warranty", una specie di licenza reale, fornita dai Windsor ad almeno 800 aziende di ogni genere, che possono dunque vendere i loro prodotti con il timbro di garanzia della regina, frutta 4 miliardi di sterline. E infine ci sono i beni intangibili, come la pubblicità gratuita che i Windsor fanno al proprio paese, le orde di turisti che attirano in Gran Bretagna, il commercio che ne consegue.
Un immaginario acquirente, verificato il valore complessivo della Ditta, vorrebbe conoscere anche le spese. Queste, secondo gli analisti di Brand Finance, equivalgono a 7 miliardi e mezzo di sterline, tra sicurezza, manutenzione, viaggi, cerimoniale. Ogni cittadino britannico paga, con le imposte, un finanziamento pari a 1 euro all'anno per sovvenzionare la famiglia reale. Il resto lo stanzia lo Stato (senza dare aumenti, nemmeno per l'inflazione, in tempi di crisi). Morale: visti costi e benefici, avere i Windsor è un vantaggio. La regata di questa domenica sul Tamigi, insomma, non sarà solo una festa nazionale o una celebrazione della regina: sarà anche un investimento. Ecco una ditta che non soffre la crisi.
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