Esce in Italia, da Einaudi, «Open», l'autobiografia che racconta le violenze del padre e la fatica di essere il n.1
La copertina di «Open» pubblicata in Italia da Einaudi |
ODIO - «Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l'essenza della mia vita». E' uno dei passaggi di Open, uscito a fine carriera in inglese, nel 2009, e oggi riproposto nella traduzione italiana da Einaudi. Nell'autobiografia il campione, oggi 41enne, confessa d'aver preso i "cristalli", le metanfetamine. L'attuale marito di Steffi Graf, padre di due bambini e capo di una fondazione benefica in soccorso ai bambini poveri della sua Las Vegas, racconta la caduta nell'abisso.OSSESSIONE - Quella raccontata in Open è l'ennesima storia di un bambino (con racchetta) abusato dal padre. Tra gli altri passaggi si legge: «Vivevo nella paura di mio padre (un ex pugile iraniano), che mi voleva campione a tutti i costi». Il padre Mike, pugile fallito e genitore violento, era un padre-padrone fuggito dall'Iran per diventare maggiordomo al celebre Caesars Palace di Las Vegas. Un padre capace che fin dalla nascita inculcò senza scrupoli il tennis ad Adnre. Dalla pallina appesa sopra la culla si passò alle sedute forzate sul campo perché, diceva Mike, «colpire 4.000 mila palline in due ore è meglio che colpirne 2.000 in quattro ore». Allenamenti disumani, scanditi dai numeri: «Se colpisci 2.500 palle al giorno, cioè 17.500 la settimana, cioè un milione di palle l'anno, non potrai che diventare il numero uno». E Andre Agassi il numero uno lo è diventato: è stato uno dei più grandi tennisti di sempre, vincitore di 8 tornei dello Slam, almeno uno su tutte le superfici, compreso Wimbledon, dove trionfò nel 1992. Ma a che prezzo, si legge in Open.
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