La tredicenne di Brembate conosceva chi l'ha rapita e assassinata la sera del 26 novembre
Gli investigatori tornano sul luogo del ritrovamento. Il dna è la chiave per identificare il mostro
CHIGNOLO D´ISOLA - Lo conosceva e si è fidata, e non più di una dozzina di persone corrisponde a quel profilo. Ha subito un assalto e forse ha dovuto cedere. Ma si è difesa prima di morire, probabilmente sulla stessa auto che l´ha prelevata per l´ultima volta, ghermita dall´uomo che ha avuto l´accortezza di neutralizzare il suo telefonino. E lottando, forse, Yara Gambirasio (FOTO) ha portato via con sé sul pratone di Chignolo d´Isola un pezzetto del suo assassino.
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Convinzioni investigative che prendono forma, accertamenti mirati nell´attesa di dati scientifici certi, per uscire dalla nebulosa delle congetture. A partire da un punto fermo: non si cerca un maniaco, a Brembate di Sopra ("I pregiudicati per reati sessuali sono i primi che abbiamo controllato ed escluso, e ne abbiamo ben più di una decina in banca dati", si lascia sfuggire un investigatore). Ma una persona del giro di Yara, uno un po´ più adulto o un padre, uno che non avrebbe saputo gestire un rifiuto ma riconoscibile dalla ragazzina, o rintracciabile da quel cellulare smontato e portato via.
L´ultimo oltraggio, l´abuso di una ragazzina di 13 anni che morirà dopo pochi minuti, e l´angoscia di non poterlo escludere. È l´ora della scienza forense, dei tamponi e delle risultanze di laboratorio, a Milano e al Ris di Parma, dello sviluppo di un´autopsia lunghissima, durata 12 ore e chiusa solo alle 2 di notte. E tra gli esami effettuati sul corpo mummificato di Yara Gambirasio dal collegio guidato da Cristina Cattaneo, ci sono anche quei tamponi sulle parti intime. Perché l´ispezione esterna su quei resti - i leggings neri rimessi al loro posto, quell´unico taglio sugli slip - non ha permesso di escludere la violenza sessuale sulla piccola ginnasta di Brembate di Sopra. Una risposta arriverà, tra due settimane o due giorni: nel caso più tetro, metterebbe nelle mani degli investigatori una carta decisiva, un profilo di dna dell´assassino poco o nulla inquinato dall´esposizione del cadavere per tre mesi agli agenti atmosferici.
Ma c´è un altro tampone sul cui esito polizia e carabinieri puntano parecchio: quello effettuato sotto le unghie della piccola vittima, nella convinzione che abbia lottato col suo carnefice. Lo direbbero i tagli e i graffi trovati su quel che rimaneva di Yara. Più dei sei notati al buio nel campo di Chignolo d´Isola: probabile una breve lotta, più che possibile che sia stata colpita con un´arma da taglio ma non certo - bisogna rintracciare eventuali scalfitture non recenti sulle ossa, faccenda da microscopio che richiede giorni - tanto che la morte per soffocamento non è stata esclusa. L´agonia della ragazzina sarebbe durata pochissimo: è convinzione degli investigatori che Yara sia morta ai bordi del campo dove è stata ritrovata e gettata in quel campo quasi subito, in un orario (tra le 19 e le 20 del 26 novembre) compatibile col quarto d´ora di macchina che separa Brembate da Chignolo, con la discoteca "Sabbie Mobili" ancora chiusa e gli operai dei capannoni già usciti. Forse: gli inquirenti sono tornati in via Bedeschi per chiedere ai dipendenti di quelle ditte se a qualcuno fosse tornato in mente un particolare di quella sera. Altri torneranno dentro al campo, di nuovo recintato dai carabinieri: bisognerà prelevare altro terriccio e compararlo con quello rilevato sul corpo di Yara, per comparare definitivamente.
Più difficile, mentre nuovi e vecchi testimoni vengono ascoltati in questura, sarà cavare qualcosa dalle celle telefoniche. I numeri agganciati da quelle di Brembate, Mapello e Chignolo, dalle 18.45 del 26 novembre a due giorni dopo, sono 60mila. Da scremare a mano. Potrebbero volerci quattro mesi.
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