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16 mar 2011

La lunga agonia di Yara Morta di freddo dopo ferite e sevizie

BREMBATE, I DUE DNA NON SONO DI PERSONE IDENTIFICATE

Il procuratore: più credibile il movente sessuale

Ceri e fiori sul luogo dove è stato ritrovato il corpo di Yara Gambirasio, a Chignolo d'Isola (Ansa)
Ceri e fiori sul luogo dove è stato ritrovato il corpo di Yara Gambirasio, a Chignolo d'Isola (Ansa)
BERGAMO - «I segni trovati sul corpo di Yaranon sembrano lesioni frutto di un tentativo di difesa»: le parole chiave che da sole disegnano la dinamica del delitto della ginnasta tredicenne arrivano nel mezzo della conferenza stampa tenuta ieri mattina dal procuratore aggiunto di Bergamo Massimo Meroni. Sono termini che descrivono una vittima colpita più volte e in più punti del corpo quando già era stata tramortita e resa incosciente, che alludono a una morte avvenuta solo dopo una lunga agonia solitaria sul campo gelato di Chignolo d'Isola dove Yara è stata trovata il 26 febbraio scorso, a tre mesi dalla scomparsa.

L'incontro con la stampa ha dato l'opportunità al procuratore Meroni di porre alcuni punti fermi al lavoro compiuto. Ma soprattutto ha dato modo al magistrato di ribadire che il cammino verso la verità può essere ancora lungo: «Stiamo compiendo nuovi accertamenti, occorreranno settimane se non mesi. La cattura del colpevole? Al momento non ci sono sospettati, servirà anche un po' di fortuna». Come era logico attendersi il capo della procura bergamasca ha messo in evidenza alcuni risultati ottenuti dalle analisi medico legali della dottoressa Cristina cattaneo. A cominciare dalle ferite sul corpo di Yara Gambirasio. Oltre alla contusione alla testa sono stati notati due traumi alla faccia, all'altezza degli zigomi, segno di percosse o anche di una caduta. «Sui vestiti - ha precisato Maroni - ci sono segni compatibili con le ferite, in particolare sui pantaloni e sugli slip». E' stato precisato che i segni sulla schiena sembrano frutto del caso e non tracciano alcun disegno particolare. Ma la cosa più importante, come detto, è il fatto che si tratta di ferite superficiali (al collo, ai polsi, alla schiena) che la vittima pare aver subito senza poter più reagire. Ed ecco dunque delinearsi con nitidezza la scena del delitto: Yara, portata a forza da Brembate a Chignolo, viene prima tramortita con il colpo in testa e successivamente ferita con crudeltà, quando ormai non oppone più resistenza.

C'è poi il dubbio sulle cause della morte: il procuratore ha espresso scetticismo sul decesso per dissanguamento ma nemmeno il colpo alla testa è considerato letale. Yara può essere morta per assideramento una volta abbandonata nel prato? «Non lo escludiamo - è stata la risposta - anche se è più probabile che il decesso sia sopraggiunto per una serie di concause». Una morte arrivata con rapidità? Davanti a questa domanda il magistrato ha abbassato lo sguardo e ha scosso più volte la testa in segno di negazione.

Restano i punti interrogativi sul movente del delitto e sul colpevole. Riguardo al primo Meroni ha detto che il più plausibile è ancor l'aggressione a sfondo sessuale: «Segni evidenti di violenza sul corpo non ce ne sono ma potrebbe essere solo stata tentata. Ce lo suggerisce il fatto che il reggiseno della vittima è stato trovato slacciato».

Purtroppo non sono giunte le risposte sperate dall'esame del dna: le tracce biologiche si trovavano su un guanto di Yara ma quelle impronte non appartengono nè ai familiari della ragazzina nè alle persone (individui sospetti o con precedenti) di cui era già stato rilevato l'identikit genetico nelle settimane passate. Dunque i dna (uno maschile e femminile) sul corpo di Yara appartengono al momento a due sconosciuti.

In chiusura Massimo Meroni si è concesso un piccolo «fuori pista» politico: ha mostrato il disegno di una bilancia, simile a quello fatto vedere da Berlusconi nel presentare la riforma della giustizia e nel quale il piatto della giustizia pendeva decisamente dalla parte dell'accusa. Quello di Meroni è identico, ma accanto al pm è scritta anche l'indicazione «Yara». «Noi non rappresentiamo solo noi stessi - ha sottolineato il pm - ma anche le vittime dei reati e l'interesse della collettività. Sull'altro piatto della bilancia c'è invece il possibile assassino di Yara».

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