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18 mar 2011

Isole no plastic, una sfida per l'Elba

Troppi rifiuti nel mare, ora si cambia. Tozzi: al bando sacchetti e bottiglie. Nel nord del Tirreno si registra la più alta concentrazione di scarti del Mediterraneo. Il progetto-pilota del Parco Toscano


Isole no-plastic. Ripulite, ossigenate e più verdi. Senza shoppers e altri involucri trasparenti, senza bottiglie, bicchieri, flaconi, tubetti, tappi e tutto quel ricco campionario di rifiuti inquinanti e difficili da smaltire. E´possibile immaginare un'Elba così o è soltanto un progetto visionario? Il presidente del Parco dell´Arcipelago Toscano, Mario Tozzi, propone di far partire proprio da questa regione l´iniziativa per eliminare o ridurre drasticamente l´impiego della plastica nelle isole del Tirreno che fanno parte dell´area protetta. C´è una ragione precisa. 

Si parte da un allarme: secondo l´istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e l´università belga di Liegi che hanno firmato una ricerca, nell´estate 2010 al concentrazione di plastica più alta nel Mediterraneo si è registrata nel nord del Tirreno e proprio al largo dell´isola d´Elba. Lì si concentravano frammenti plastici otto volte superiori alla media: 892mila per chilometro quadrato contro 115mila. E´ così che si cerca un riparo per medicare le nostre acque e si arriva a immaginare isole senza plastica e mari quindi meno inquinati. Dentro un parco dovrebbe essere normale uno stile di vita ecologico, ma passare dalla teoria alla pratica è un´operazione complicata che ha bisogno di molti volontari e di un credo collettivo in grado di cambiare le abitudini anche al turismo. 

«Da un'analisi delle correnti non possiamo escludere che, se si verificasse un vortice i rifiuti di plastica, questi si addenserebbero in un braccio di mare a ovest dell´isola d´Elba» spiega Mario Tozzi. Le conseguenze per l´ambiente marino intorno sarebbero gravissime. Da qui parte l´idea di coinvolgere nell´operazione i Comuni e le categorie, albergatori, commercianti, imprenditori. L´Elba attualmente separa i rifiuti e li differenzia a seconda delle tipologie di smaltimento soltanto in piccola quota, «intorno al 10 per cento» prosegue Tozzi. «Sono almeno dieci anni che andiamo dicendo che sull´Elba si dovrebbe smettere di consumare materie plastiche - concorda Umberto Mazzantini di Legambiente - . Ma fino ad oggi nessuno ci ha ascoltato». 

L´ultima invasione di sacchetti, bicchieri, bottiglie, contenitori di cibo e detersivi, cassette di polistirolo eccetera eccetera riemerge dalle pagine di una relazione realizzata dall´Arpat e dalla Dafne di Arpa Emilia Romagna su richiesta della stessa Legambiente. I risultati sono preoccupanti: «L´uso della plastica e dei suoi derivati è cresciuto notevolmente negli ultimi quarant´anni - si legge nel rapporto - trend che si riflette sulla composizione del rifiuto marino». Quest´ultimo è fatto dal 60 al 80 per cento di materiali plastici. Corpi estranei al mare e a chi nel mare, vive: cetacei e mammiferi sono attratti dai colori accesi di questi materiali e finiscono spesso col restarne intrappolati.

Nel corpo della balena spiaggiata lo scorso gennaio a San Rossore, tanto per citare un esempio, sono state trovate alte percentuali di composti chimici e plastiche. L´Italia ha appena messo al bando gli shopper non biodegradabili, ma l´eredità del nostro recente passato è ancora tutta da smaltire dal momento che siamo stati per anni in testa alla classifica dei Paesi europei per consumo di sacchetti di plastica usa e getta. «E questo si vede chiaramente dalle reti dei pescatori» interviene Fabrizio Serena dell´Arpat della toscana. E´ proprio da quel che pescano le reti a strascico che si capiscono molte cose sullo stato di salute del mare. E per sapere come sta il tratto di Tirreno fra le isole dell´arcipelago bastano tre righe in una delle prime pagine della relazione: «In un´ora si possono tirar su a bordo del peschereccio che opera con rete a strascico circa quattro chilogrammi di rifiuti antropici». 

Per ripulire i fondali da questa spazzatura già da un anno è stato varato il piano "Gionha" che oltre alla Toscana coinvolge la Liguria, la Sardegna e la Corsica. Livorno potrebbe essere la capofila di questo progetto pilota che «dovrebbe coinvolgere - si legge ancora nella relazione presentata nei giorni scorsi dall´Arpat - tutti i pescatori professionisti della marineria a strascico, gli unici operatori in grado di effettuare una concreta pulizia dei fondali marini». Resterebbe da organizzare poi la raccolta e lo smaltimento di quella pesca così innaturale. 

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