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26 feb 2011

Trivulzio, case vendute a raffica per mantenere a galla il bilancio

Nel bilancio affitti non riscossi per 5 milioni di euro: un terzo del totale. Si consumava il patrimonio

perfino per trovare i soldi necessari a farmaci e siringhe per gli anziani. Da rivedere le convenzioni


Palazzi di pregio, come quelli di piazza Santo Stefano e via Statuto, appezzamenti di terreno in mezza regione, interi condomini di periferia. «Al Trivulzio — raccontano nei corridoi di via Marostica — il patrimonio si vende non per investire in ristrutturazioni e nuovi reparti, ma per riuscire a comprare siringhe e termometri per gli anziani ricoverati».

La sintesi della gestione economica del Pio Albergo Trivulzio è tutta qui, in questa fotografia impietosa. Che mostra bilanci chiusi sì in attivo, ma solo grazie alla dismissione — la "coperta burocratica" per dire vendita — di palazzi e terreni che i milanesi, nei decenni passati, hanno voluto donare alla Baggina. Non si mette mano al ricalcolo dei canoni d'affitto, né all'assegnazione delle case sfitte. Non si studia una razionalizzazione dei costi del lavoro, né si rinegozia la convenzione con il Comune per i servizi socioassistenziali. No: al Trivulzio, per non andare in rosso, si spoglia il patrimonio immobiliare, quello stesso di cui lo statuto dice — al comma 6 dell'articolo 5 — che «è comunque fatto salvo l'obbligo di provvedere alla sua conservazione e al suo mantenimento».

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Invece anche lo scorso anno è andata così: il 2010 si chiude con una previsione positiva di circa 1 milione e 410mila euro, ma questo solo grazie a 11 milioni e 223mila di plusvalenze derivate dalla vendita, nell'anno appena concluso, di immobili vari (oltre 10 milioni arrivano soltanto dai due palazzi di piazza Santo Stefano 12 e di vicolo Santa Caterina 3/5). E già si sa che l'anno prossimo — salvo rivoluzioni da parte del nuovo commissario nominato ieri o del futuro cda — le plusvalenze messe a bilancio saranno quasi 9 milioni. Si vende tanto, ma si incassa relativamente poco dagli affitti delle oltre mille case ora finite nel vortice delle polemiche. La rendita del patrimonio immobiliare da reddito del Trivulzio non è delle peggiori, nel panorama degli enti pubblici: 1,6 per cento (se si considera il valore di mercato degli immobili, 450 milioni, in rapporto ai ricavi da affitto, 7.250.000 euro), che diventa del 7,7 se si prende come parametro di riferimento il valore Ici degli immobili, che è di 93 milioni e 152mila euro.

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Per tutte le locazioni — compresi anche i tanti terreni agricoli — nel 2010 il Pat ha incassato 10 milioni e 651mila euro. Ma quel che impressiona, perché sintomatico di quella gestione che ha portato all'attuale terremoto ai vertici, è la quota di affitti non riscossi, che indicano i tanti morosi: 5 milioni e 202mila euro nel 2010. E di questi oltre 2 milioni e 300mila euro sono sotto la voce che indica i crediti ormai dati per persi. Soldi che, come si è detto in questi giorni, assieme a una rinegoziazione dei contratti d'affitto scaduti da anni e rinnovati in proroga, avrebbe portato nelle casse del Trivulzio un piccolo tesoro.

I conti della Baggina, di fatto, raccontano proprio questo: una gestione dispersiva, forse (ma saranno i magistrati a indagare, eventualmente, su questo) nessun macroscopico buco nero, ma tante situazioni che, se fossero razionalizzate, porterebbero al pareggio di bilancio — va ricordato che il Pat non ha fini di lucro — senza dover fare ricorso alla vendita sistematica degli immobili (59 vendite dal 2004 a oggi, più 8 espropri). Il costo del lavoro rappresenta il 58 per cento del totale dei costi: sono quasi 58 milioni per 1614 dipendenti, 114 medici, 74 fisioterapisti e altre figure professionali.

Ma quello che andrebbe probabilmente rivisto è l'accordo stipulato con il Comune per le prestazioni in convenzione: oggi dal Pirellone e da Palazzo Marino il Trivulzio incassa in un anno 61 milioni di rette e 6 milioni e 200mila euro di prestazioni (nel 2010 la Baggina vanta crediti di 944mila euro verso i Comuni). Le rette pagate dalla Regione sono in linea con le altre aziende di servizi alla persona, non così le convenzioni stabilite con l'assessorato alle Politiche sociali di Milano: che, raccontano negli uffici del Pat, ha spuntato con il cda un prezzo di favore per i servizi di assistenza agli anziani e per quelle per i servizi nelle comunità per minori. 

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