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23 feb 2011

Rischio fondamentalismo in Libia» Berlusconi: «No a violenze, ma attenti al dopo».


Frattini: «Stop al bagno di sangue, il nostro Paese sia unito»

MILANO - Silvio Berlusconi interviene sulla crisi in Libia e mette in guardia dal rischio «fondamentalismo».«Prendiamo atto con grande piacere che il vento della democrazia è soffiato in quei Paesi» ha detto il premier intervenendo agli Stati generali di Roma Capitale. «Tanti giovani - ha aggiunto - vogliono entrare nella modernità e armati del loro coraggio e di internet hanno dato via ai sommovimenti. Facciamo attenzione che non ci siano violenze ingiustificate e derive che recepiscano il fondamentalismo islamico». Il presidente del Consiglio ha spiegato di essere rimasto in contatto fino a mercoledì mattina con gli altri leader europei e americani proprio in relazione ai fatti di Tripoli. «Non vorremmo evolvesse - ha detto Berlusconi - in una situazione pericolosa verso la deriva del fondamentalismo islamico». Il premier ha quindi ribadito il suo «no alle violenze» specificando però che «bisogna anche essere accorti su quello che succederà dopo con paesi con cui abbiamo trattato - ha spiegato - e a cui guardiamo per mille motivi e anche perchè sono importanti fornitori di energia».

Franco Frattini alla Camera (LaPresse)
FRATTINI - Alla Camera Franco Frattini ha fatto il punto sul bilancio delle proteste anti-Gheddafi. Sono «più di mille le persone innocenti morte in Libia» nelle manifestazioni di questi giorni ha spiegato, giudicando «verosimili» le stime fornite fin qui dai media arabi. Il governo italiano, ha ribadito il ministro, chiede che cessi «l'orribile spargimento di sangue» che «la leadership Gheddafi ha annunciato e sta continuando a fare». Sulla situazione a Tripoli il titolare della Farnesina ha riferito alla Camera. Chiarendo prima di ogni altra cosa che sui rapporti Italia-Libia, il nostro Paese ha fatto in passato «quel che doveva fare» e fa oggi «quello che deve fare». «C'è un limite e di fronte a quello che sta accadendo non possiamo non levare la nostra voce» ha sottolineato Frattini, ricordando che la politica estera italiana verso «un Paese che occupa una posizione strategica nel Mediterraneo ha seguito una linea di continuità dagli inizi degli anni '90, con i governi Dini, D'Alema, Prodi e Berlusconi».

«NECESSARIO RESTARE UNITI» - La situazione in Libia è «gravissima» e a renderla ancora più preoccupante sono i propositi espressi a Gheddafi in cui «la volontà di colpire il suo stesso popolo, determina una situazione di guerra civile tra aree e province in cui ci sono gruppi che si combattono con bande e squadroni della morte che compiono raid, oltre a tutto questo, il tragico bilancio sarà un bagno di sangue. È una analisi - ha spiegato il titolare della Farnesina alla Camera - che ho condiviso con molti governo europei e non europei». Dinanzi a questo quadro, il ministro ha invocato l'unità del Paese. «È necessaria», ha detto, avanzando la proposta di «una consultazione permanente di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, che si renderanno disponibili». «Sta a voi deputati decidere le modalità» di questa consultazione con il Parlamento, ha aggiunto il titolare della Farnesina.

REAZIONI - Il Pd giudica tardiva la condanna delle violenze da parte dell'Italia. «Il nostro impegno - ha detto Alessandro Maran - non è in discussione ma sarebbe ora di accantonare la politica del "cucù", di Berlusconi». Apre alla proposta di una gestione bipartisan dell'emergenza anche il leader Udc Pier Ferdinando Casini. «Accetto questa impostazione che lei ha dato» ha detto il numero uno dei centristi rispondendo a Frattini. Casini, però, ha anche rivendicato di aver avuto una linea diversa da quella della maggioranza sul rapporto con la Libia: «Rivendico che noi, insieme a Idv e radicali, abbiamo votato contro un trattato che era eccessivamente condiscendente verso il regime Gheddafi». A tal proposito, Edmondo Cirielli (Pdl), presidente della Commissione Difesa, ha invitato Frattini, a denunciare, «come primo atto coerente e conseguente alla sua relazione», il Trattato di Amicizia Italia-Libia.

«RISCHIO ISLAMISMO RADICALE» - Sulle accuse di Gheddafi al nostro Paese di aver fornito razzi ai manifestanti, Frattini non ha usato mezzi termini, accusando il Colonnello di «retorica anti-italiana». A preoccupare il titolare della Farnesina è poi la nascita in Cirenaica «di un emirato islamico della Libia dell'est». «È collocato - ha detto Frattini - a poche centinaia di chilometri dall'Ue ma niente può giustificare l'uccisione violenta di centinaia di civili innocenti. A questo ha reagito unanimemente dopo una seria approfondita riflessione l'Unione Europea, la comunità internazionale».

LA TELEFONATA BERLUSCONI-GHEDDAFI - Nel suo intervento in Aula, il ministro degli Esteri è anche tornato sulla telefonata di martedì tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi: il premier, ha spiegato, ha chiesto al leader libico la «sospensione immediata delle violenze», ma «la risposta è stata la ripetizione dell'analisi già pubblicamente enunciata in tv». Un capitolo a parte Frattini lo ha dedicato ai connazionali e alle aziende italiane presenti in Libia, oltre che alla questione della fornitura di gas. Il titolare della Farnesina non ha nascosto le preoccupazioni sue e del governo per le ricadute negative che la crisi in Libia avrà nel settore infrastrutture: vi sono imprese italiane impegnate nel Paese e interessate in accordi per 4 miliardi di euro, ha specificato. Quanto alla'interruzione della fornitura di gas dalla Libia, «è una conseguenza che l'Italia può sostenere», grazie alle forniture da Algeria, Azerbaijan, Russia e Paesi del Golfo. Il ministro ha poi annunciato che sono stati già rimpatriati dalla Libia 400 italiani e che mercoledì un aereo dell'aeronautica militare si recherà nel Paese nordafricano con «squadre di pronto intervento» per contribuire alle operazioni di rimpatrio degli altri connazionali.

IMMIGRAZIONE - Frattini ha, infine, ribadito il rischio di un esodo di migranti dai paesi del Nord Africa verso l'Italia. La richiesta dell'Italia all'Ue, ha voluto chiarire a riguardo, per la gestione dell'eventuale ondata di immigrazione dalla Libia «non è una richiesta di distribuzione di immigrati sul territorio europeo, ma di un meccanismo serio di ripartizione degli oneri economici, sociali e anche umani del flusso migratorio che uno o più Paesi membri, in particolare del Mediterraneo, potrebbero subire».

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